Deve fare i conti con pesantissime sanzioni economiche. Il suo commercio internazionale è ridotto ad una manciata di Paesi. Non può, almeno in teoria, esportare la maggior parte di beni e prodotti, nĂ© importarli dall’esterno. La definiscono, giusto per citare un paio di etichette, isolata e tagliata fuori dal mondo. Eppure, nonostante queste gravi limitazioni, la Corea del Nord riesce a fare affari con una porzione di mondo ad un livello tale da impedirle l’implosione e, soprattutto, di continuare a rafforzare il proprio arsenale militare.
Le previsioni del collasso imminente di Pyongyang e del governo nordcoreano incapace di tenere le redini della nazione, non si sono fin qui avverate. Al contrario, seppur in mezzo a mille difficoltĂ , Kim Jong Un è stato in grado di sfornare armi di tutto rispetto, come quelle mostrate al ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, in visita oltre il 38esimo parallelo. L’inviato di Vladimir Putin ha potuto così osservare da vicino il missile balistico intercontinentale (Icbm) Hwasong-17 in una combinazione di colori mimetici, nonchĂ© l’Icbm a combustibile solido Hwasong-18, lo stesso testato ad aprile e luglio di quest’anno, un nuovo “drone di attacco nucleare sottomarino”, chiamato Haeil, il missile balistico a raggio intermedio Hwasong-12B (Irbm), dotato di un veicolo di planata ipersonico (Hgv), e ancora, un inedito veicolo aereo da combattimento senza pilota (Ucav) dalla fisionomia molto simile a quella dei droni Reaper statunitensi, soprannominato “drone d’attacco multiuso Morning Star-9“, con tanto di variante Morning Star-4.
Come se non bastasse, nel corso degli ultimi cinque anni, la tecnologia missilistica della Corea del Nord è migliorata al punto da trasformarsi in una minaccia da prendere seriamente in considerazione, con missili più difficili da intercettare e capaci di eludere i sistemi di difesa controllati da Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. Come spiegato da InsideOver, quasi il 40% dei missili balistici lanciati da Pyongyang dal 2019 in poi ha seguito traiettorie variabili, rendendo molto più arduo il loro eventuale abbattimento da parte di forze nemiche. Last but not least, per oltre il 70% dei missili presi in esame nello stesso lasso di tempo è stato utilizzato combustibile solido di facile conservazione, una mossa che ha eliminato la necessità da parte di Pyongyang di eseguire lunghe operazioni pre lancio, contribuendo a rendere ancora più complicato, agli occhi esterni, rilevare i preparativi per i test.
- L’asse Mosca-Pyongyang
- Così la Russia tesse nuove alleanze
- Il nuovo ordine mondiale di Cina e Russia
Il commercio con i partner invisibili
Come ha fatto la pluri sanzionata ed isolata Corea del Nord ad arrivare fin qui, più viva e vegeta che mai, e per giunta colma di armamenti temibili? Evidentemente, le mosse della comunità internazionale hanno avuto lo stesso effetto di un buco nell’acqua, visto che il loro obiettivo avrebbe dovuto essere quello di impedire ai Kim di maneggiare missili a lungo raggio e bombe nucleari. O forse, più semplicemente, mentre gli Stati Uniti e i loro partner credevano di avere tutto sotto controllo, Pyongyang operava in gran silenzio, lontano dalla luce dei riflettori, con partner invisibili. Alcuni, come vedremo, anche insospettabili.
Innanzitutto, pare che l’esportazione di missili balistici – e relativa tecnologia – sia una delle principali fonti di valuta forte della Corea del Nord. I resoconti dei media stimano che Pyongyang guadagni dai 100 ai 500 miliardi di dollari all’anno solo dalle vendite di missili e, secondo la Cia, quel flusso di denaro alimenterebbe lo sviluppo e la produzione continua di altri missili.
Scendendo nei dettagli, negli anni della Guerra Fredda la Cina avrebbe fornito a Pyongyang articoli relativi a missili a duplice uso, materie prime e altra assistenza. Si ritiene che la tecnologia cinese sia stata incorporata dal Nord nei missili Scud, Nodong e Taepodong, e si sospetta anche che Pechino abbia contribuito a diffondere al proprio vicino anche competenze nucleari. Tra gli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, l’Egitto ha fornito ai nordcoreani importante know-how militare, compresi i missili balistici a corto raggio Scud-B, che la stessa Corea del Nord avrebbe decodificato con l’aiuto di Cina e Iran; dal canto suo, il Nord ha ricambiato esportando Scud e altre tecnologie verso il Cairo.
L’Iran ha cercato dalla Corea del Nord materiali, addestramento, attrezzature e conoscenze per i suoi programmi di missili balistici e armi convenzionali, tanto che Pyongyang potrebbe aver piĂą volte offerto a Teheran aiuti sensibili. Intorno agli anni Novanta, l’Iraq avrebbe acquistato dal supermercato missilistico nordcoreano Scud e Nodong, in seguito ad una commessa di missili anti-nave Silkworm presumibilmente prelevati negli anni Settanta. Scambi di assistenza e tecnologie critiche sono stati segnalati anche con Libia, Pakistan, Yemen e Siria.
Discorso a parte merita la Russia che, sin dai tempi dell’Unione Sovietica, è quasi sempre stata in prima linea nel sostenere la Corea del Nord. Washington sostiene inoltre che, nell’aprile 2001, i due Paesi abbiano firmato un accordo per l’industria della difesa e la cooperazione tecnico-militare, e che qui siano state gettate le basi “per potenziali vendite e trasferimenti di armi alla Corea del Nord” dalla Federazione Russa (oggi, per inciso, la situazione potrebbe essersi capovolta).
Clienti inaspettati
Un report del 2017 dell’International Institute for Strategic Studies (Iiss) ha evidenziato come i progressi maggiori effettuati dalla Corea del Nord nel suo programma missilistico a lungo raggio siano avvenuti a cavallo tra due anni cruciali: il 2015 e il 2016. In questo lasso di tempo, un arsenale basato su missili a corto e medio raggio – insieme ad un Musudan a raggio intermedio che aveva ripetutamente fallito i test di volo – come era quello nordcoreano, si è improvvisamente arricchito di due nuovi missili: l’Hwasong-12 a raggio intermedio e l’Icbm Hwasong-14. Nessun altro Paese è mai passato così rapidamente dall’avere una capacitĂ a medio raggio al maneggiare un missile balistico intercontinentale. Come è stato possibile?
Per i ricercatori dell’Iiss non ci sono dubbi: Pyongyang ha acquistato un motore a propellente liquido (Lpe) ad alte prestazioni da una fonte straniera. Le prove disponibili indicherebbero che il suddetto Lpe sarebbe basato sulla famiglia di motori sovietici Rd-250, e che sarebbe inoltre stato modificato per funzionare come forza di spinta per gli Hwasong-12 e 14. Ebbene, un numero imprecisato di questi jolly sarebbe stato probabilmente acquisito dal Nord tramite canali illeciti operanti in Russia e/o Ucraina.
Escludendo l’ipotesi della produzione autoctona del motore, ci sono pochissimi fornitori potenziali date le caratteristiche di base dello strumento. Nel 2017, il New York Times aveva non a caso parlato di una fabbrica ucraina dotata di legami storici con il programma missilistico russo.
La fabbrica in Ucraina
I riflettori sono così stati puntati su una fabbrica di missili a Dnipro, in Ucraina. Durante la Guerra Fredda, la struttura, nota come Yuzhmash, produceva i missili piĂą letali dell’arsenale sovietico, incluso il gigante Ss-18. In seguito, il citato stabilimento è rimasto uno dei principali produttori di missili della Russia, anche dopo l’indipendenza dell’Ucraina. La situazione sarebbe cambiata nel 2014, con la rimozione dal potere del presidente ucraino filorusso Viktor Yanukovich.
Da questo momento in poi, per Yuzhmash sarebbero iniziati tempi durissimi: Mosca avrebbe annullato la maggior parte delle sue commesse e la fabbrica sarebbe così rimasta sottoutilizzata e travolta da fatture non pagate. In quel periodo convulso, il complesso aveva smentito di star lottando per la sopravvivenza e pure di aver partecipato al trasferimento di tecnologie sensibili al di fuori dell’Ucraina. Gli investigatori americani non hanno però creduto a questa negazione. Sembra, tuttavia, che il governo ucraino dell’allora presidente Petro Poroshenko non avesse alcuna conoscenza o controllo su ciò che stesse accadendo all’interno della fabbrica.
La pista è rimasta caldissima e, pur senza prove assolute, c’è chi sostiene che Yuzhmash possa esser stata la fornitrice nordcoreana dei motori necessari a Kim di effettuare i suoi test missilistici. Questi strumenti potrebbero essere usciti illecitamente dalla fabbrica o forse mediante accordi sottobanco. Scavando nel passato emerge però un indizio emblematico: nel 2012, gli investigatori delle Nazioni Unite avevano scoperto un tentativo, da parte della Corea del Nord, di rubare segreti missilistici proprio dal complesso ucraino Yuzhmash. Due nordcoreani sono stati catturati mentre stavano cercando di ottenere informazioni incentrate su “sistemi missilistici avanzati, motori a propellente liquido, veicoli spaziali e sistemi di alimentazione del carburante per missili”.
Gli uomini di Kim potrebbero insomma aver sfruttato la concitazione dell’Ucraina pre e post rivoluzionaria per ottenere importanti strumenti fondamentali ai fini dello sviluppo del programma missilistico nordcoreano. Probabilmente non conosceremo mai, con certezza, i contorni di questa vicenda. NĂ© se Pyongyang sia riuscita nel suo intento in maniera illecita o con la sponda volontaria di attori esterni.