Ci sono delicati e importanti dossier militari in cui di recente ad emergere maggiormente è stata la figura del mercenario. Dalla Libia alla Siria, passando per l’Iraq all’inizio del nuovo secolo, l’uso di soldati non direttamente dipendenti da un esercito regolare è diventata una prassi. Questo per ragioni sia politiche che militari. Se un Paese non vuole essere coinvolto in modo diretto in un conflitto, preferisce affidarsi a compagnie, agenzie private o a gruppi addestrati in altri contesti. Inoltre la perdita di un soldato regolare crea molti più grattacapi politici rispetto a quella di un mercenario o di un contractors. Infine, occorre considerare il modo di fare la guerra, oggi profondamente cambiato. Si parla infatti sempre più spesso di conflitti per procura, portati avanti da terzi, e non di scontri diretti tra due eserciti.
Che cos’è un mercenario
Cosa si intende per mercenario? Nell’immaginario collettivo spesso viene additato come un soldato che non combatte per il proprio Stato, ma viene al contrario ingaggiato da società private o da altri Stati per essere spedito al fronte. Nel diritto internazionale sono due i documenti che richiamano alla definizione di mercenario. Il primo riguarda la Convenzione di Ginevra e, in particolare, i protocolli addizionali alla Convenzione stessa redatti nel 1977. L’articolo 47 traccia una descrizione del mercenario, la quale corrisponde a sei criteri ben precisi: combattente espressamente reclutato nel Paese o all’estero per combattere in un conflitto armato; prende parte diretta alle ostilità; ottiene un vantaggio materiale in termini di remunerazione; non è cittadino di una dei Paesi impegnati in guerra; non è membro delle forze armate partecipanti al conflitto; non è stato inviato da uno Stato diverso da una parte in conflitto. Questa descrizione è inserita al punto 2 dell’articolo 47 dei protocolli addizionali. Il punto 1 fissa invece un principio importante: il mercenario “non ha diritto di essere un combattente o prigioniero di guerra”.
Nel 1989 è stata adottata una specifica convenzione da parte delle Nazioni Unite “contro il reclutamento, l’utilizzazione, il finanziamento e l’istruzione di mercenari”. Approvata dall’assemblea Onu ed entrata in vigore il 20 ottobre 2001 con la risoluzione 44/34, la convenzione chiarisce ulteriormente il significato di mercenario all’articolo 1. La definizione contiene tutti i requisiti di cui si parla nell’articolo 47 dei protocolli addizionali alla Convenzione di Ginevra del 1977, ma aggiunge ulteriori due punti: è mercenario chiunque agisca “per rovesciare un governo o comunque minare l’ordine costituzionale di uno Stato, o pregiudicare l’integrità territoriale di uno Stato”; è inoltre “motivato a farne parte essenzialmente dal desiderio di guadagno significativo privato ed è spinto dalla promessa o il pagamento di un indennizzo materiale”.
L’adozione di quest’ultimo documento ha reso palese la condanna al ricorso ai mercenari, visti quindi come elemento destabilizzante all’interno di un conflitto tra le parti. Una connotazione negativa che tuttavia, agli albori del XXI secolo, non ha impedito la diffusione di società private di combattenti e del loro utilizzo in scenari di guerra delicati.
I mercenari in epoca moderna
La concezione attuale del mercenario non è stata la stessa nel corso delle varie epoche. In tutti i conflitti della storia non sono mancati apporti di militari non direttamente legati alle parti in conflitto. Uno degli esempi più noti arriva dall’antico Egitto, dove le cronache parlano dell’uso di combattenti prelevati dalla Sardegna da parte del faraone Ramesse II. Dai greci ai romani, passando anche per i cartaginesi, nelle varie guerre tutte le principali civiltà del Mediterraneo si sono serviti di soldati pagati per essere dalla propria parte. Discorso analogo può essere svolto per il Medioevo. I condottieri italiani o i Lanzichenecchi sono alcuni dei gruppi di mercenari più noti in questa epoca. La concezione odierna di mercenario, con le sue connotazioni negative, si è però sviluppata solo di recente. E, in particolare, con lo sviluppo del concetto di Stato nazione. L’uso della forza infatti ha incominciato a essere affidato unicamente alle autorità statali, dotate di eserciti costituiti da propri cittadini. Una svolta importante si è avuta nel 1733 con l’introduzione, da parte del Re di Prussia Federico Guglielmo I, della leva. Ogni cittadino è chiamato alla difesa dello Stato e l’esercito è strumento di difesa della nazione. Il ricorso a truppe pagate per combattere, oltre a essere sempre più sporadico, è visto come elemento negativo.
Jakob Vogel, autore del libro “Nazione in Armi”, parla di esercito celebrato quale “momento centrale del culto nazionale” sia in Germania che in Francia già a metà del XIX secolo. Chiaro quindi come in un contesto del genere, il mestiere di mercenario assume una connotazione anti nazionale e altamente dispregiativa. Ma il ricorso a gruppi di combattenti pagati non è mai cessato.
Le società private di fine ‘900
Il secolo scorso è ricordato soprattutto per le guerre che ha visto coinvolti gli eserciti nazionali. I due conflitti mondiali ne sono una testimonianza. Ma anche le guerre civili e le tante dispute regionali risolte con la forza hanno avuto come protagonisti soprattutto gli eserciti regolari. Molti gruppi estranei ai soldati regolari erano mossi non tanto dalla prospettiva del guadagno economico, quanto dalle lotte ideologiche da portare avanti. Forse anche per questo in ambito internazionale si è fatto cenno per la prima volta al concetto di mercenario soltanto con i protocolli aggiuntivi della Convenzione di Ginevra del 1977. Se dodici anni dopo l’Onu si è dovuto dotare di un documento contro l’uso dei mercenari, vuol dire allora che il fenomeno era più ampio del previsto.
In tal senso il secondo dopoguerra è stato caratterizzato soprattutto dalla nascita di società private, vere e proprie imprese che forniscono servizi militari stabiliti per contratto. Uno degli esempi più clamorosi riguarda la guerra civile in Sierra Leone. Qui il governo, impossibilitato con i propri soldati a fronteggiare i gruppi ribelli in fase di avanzata, nel marzo del 1995 ha stipulato un contratto con la Executive Outcomes, società di contractors sudafricana direttamente intervenuta nel conflitto. Il fondatore della compagnia, Eeben Barlow, in un’intervista riportata dal giornalista Ken Silvestrin in “Private Warrios“, ha spiegato i motivi del sempre più frequente ricorso alle società private: “La fine della guerra fredda aveva prodotto un gran vuoto ed io ho identificato un mercato di nicchia”. In Africa sempre più governi, ma anche aziende con interessi su territori in guerra, dopo la caduta del muro di Berlino hanno iniziato a chiudere contratti con compagnie private di militari. Un fenomeno però non circoscritto al continente africano. Dal 1994 in poi gli Stati Uniti, secondo PeaceReporter, hanno stipulato contratti con società militari private dal valore di cento miliardi di Dollari all’anno. Un giro di affari importante, in grado di garantire al singolo combattente impiegato quasi mille Dollari al giorno.
I mercenari nelle guerre del XXI secolo
E sono proprio legati agli Stati Uniti i primi casi noti di impiego di contractors nel nuovo secolo. Su tutti spicca il caso della guerra in Iraq del 2003. Società private hanno dato manforte agli eserciti di Usa e Gran Bretagna già nelle settimane di offensiva contro Saddam Hussein. Il fenomeno però è aumentato successivamente. In Iraq hanno messo piede decine di società con lo scopo di garantire la sicurezza di strutture strategiche o di fare da guardia del corpo a importanti personaggi politici e militari. Ma è stato certificato l’impiego anche in battaglia, soprattutto durante la fase più calda e cruenta dell’insurrezione irachena anti americana. L’avvento dell’Isis nella regione ha fatto incrementare la presenza di contractors. Si stima che dal 2015 al 2016, anni in cui lo Stato Islamico ha raggiunto la sua massima espansione tra Siria e Iraq, i soldati di società private impiegati sono passati da 250 a 2.028 unità. Di queste il 70% era statunitense, il 10% irachena e la restante parte di Paesi terzi.
Nel XXI secolo la pratica di rivolgersi a istituti privati è sempre più in aumento. Il mercato dei contractors è in espansione e il suo valore potrebbe ammontare fino a 400 miliardi di Dollari all’anno. Oltre all’esempio iracheno, oggi è possibile vedere la presenza dei mercenari su tutti i più delicati fronti di guerra. Come ad esempio nel Donbass oppure in Libia. Qui ad agire ci sono anche soldati russi della società Wagner, fondata da Evgenij Prigozin. Quest’ultimo è soprannominato “il cuoco di Putin” ed è quindi politicamente molto vicino al capo del Cremlino. Ma non è un suo diretto dipendente. Lì dove opera la Wagner, è possibile la presenza di interessi militari e politici russi non però direttamente sostenuti dal governo russo. In Libia i contractors della Wagner appoggiano il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica. Sempre nel Paese nordafricano, ma in Tripolitania, operano invece i mercenari inviati dalla Turchia. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di gruppi islamisti addestrati nella provincia siriana di Idlib contro l’esercito di Damasco e inviati a sostegno del governo di Tripoli.
Nei mesi scorsi ancora la Wagner ha sottoscritto un accordo con il governo del Mali per sostegno e addestramento militare. Cambiano le guerre e cambiano quindi le modalità di scontro. L’impressione è che il ricorso ai nuovi mercenari in futuro sarà sempre più marcato. Soprattutto in quelle guerre per procura che costituiscono oramai la maggior parte dei conflitti attuali. Dove a scontrarsi sono più gli interessi contrapposti che i soldati di due diversi eserciti.