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Aukus compie due anni e deve ancora capire il suo vero posto nel mondo. Le prospettive del patto strategico più importante dell’Occidente degli ultimi anni sono notevolmente cambiate da quando, il 15 settembre 2021, poche settimane dopo la batosta della ritirata afghana, Stati Uniti, Regno Unito e Australia siglavano il patto Aukus per creare una cerchia stretta di cooperazione nell’Indo-Pacifico, a partire dall’integrazione crescente delle rispettive marine partendo dalla fornitura a Canberra di nuovi, efficaci sottomarini nucleari.

Gli obiettivi di Aukus

L’obiettivo? Triplice. In primo luogo, consolidare il nucleo stretto dell’alleanza occidentale stringendo ulteriormente il cerchio del partenariato dell’Anglosfera: ai Five Eyes, l’alleanza d’intelligence tra Paesi Aukus, Canada e Nuova Zelanda focalizzata sullo scambio informativo, e alla Nato, in cui Usa e Regno Unito cooperano per la sicurezza euroatlantica, si aggiungeva un perno focalizzato sul nuovo pivot geopolitico globale, l’Indo-Pacifico.

In secondo luogo, mostrare bandiera di fronte alla Cina e alla sua ascesa. Presentare dopo la rotta di Kabul le bandiere dell’Occidente come pronte a garrire di fronte all’assertività di Pechino. E, in prospettiva, preparare le marine e le forze armate dei tre Paesi all’interoperabilità.

Infine, Usa, Regno Unito e Australia si sono ampiamente focalizzate sull’idea del trasferimento tecnologico e sul dominio della nuova frontiera delle operazioni multidominio, dal cyber allo spazio, come complemento delle sfere securitarie che le vedono intercorrelate.

A due anni dalla nascita del patto Aukus, solo Joe Biden resta in sella tra i leader firmatari dell’intesa. Boris Johnson a Londra ha passato la mano a Liz Truss prima e poi all’attuale primo ministro Rishi Sunak. A Canberra al conservatore Scott Morrison si è invece sostituito il laburista Anthony Albanese. Per quanto riguarda le iniziative concrete Aukus procede tra luci e ombre.

Aukus tra luci e ombre

Sul primo fronte, Aukus è stato sicuramente un dirompente fattore di accelerazione politica della macro-integrazione dell’Anglosfera. E ha mostrato come sia Washington che Londra abbiano intenzioni serie per l’Estremo Oriente. Il Regno Unito ha spinto la portaerei Queen Elizabeth II a una lunga crociera indo-pacifica, Washington sta cercando di “sovrapporre” Aukus al Quad, il dialogo con l’Australia, l’India e il Giappone per porre i fondamenti di una Nato globale. Ma all’atto pratico, e veniamo al secondo punto, ad oggi non è detto che Aukus modifichi gli equilibri di forza nel breve periodo.

Il perno dell’accordo Aukus sono i sottomarini a propulsione nucleare. Nel breve periodo Washington fornirà a Canberra da 3 a 5 sottomarini classe “Virginia” per dotare la Royal Australian Navy (Ran), settima al mondo a dotarsi di questi assetti. Sul medio periodo Usa, Regno Unito e Australia svilupperanno il loro personale SsnAukus, un sottomarino d’attacco nucleare di nuova generazione che dovrà veder la luce a partire dai primi Anni Trenta.

Le prospettive securitarie sui sottomarini e il rischio escalation

Delle prime otto unità del nuovo Ssn-Aukus, la prima sarà costruita nel Regno Unito. Poi Canberra si impegnerà a costruire un unità Ssn-Aukus, perno del “Pilastro 1” dell’accordo, dai primi Anni Quaranta alla fine degli Anni Cinquanta. Dunque sul secondo piano, l’estensione della concorrenza alle iniziative cinesi, la prospettiva deve essere inevitabilmente di medio-lungo periodo. E ciò cozza con una retorica che spinge l’emergenzialità e la necessità di un contrasto solido a Pechino nel breve periodo come base dell’alleanza Aukus.

Inoltre, la fuga in avanti di Washington, Londra e Canberra può creare problematiche con gli alleati e bloccare la deterrenza anti-cinese. Come ricorda The Diplomat, “la Francia si è sentita presa in giro dall’Australia, poiché il suo accordo di lunga data da 90 miliardi di dollari australiani di commesse per la Marina di Canberra è stato abbandonato a favore dello scopo principale di Aukus: dotare l’Australia di sottomarini a propulsione nucleare”. Inoltre, Aukus “ha spaventato anche la regione Asia-Pacifico , con molti leader regionali che temevano che avrebbe innescato una corsa agli armamenti. Alcuni governi regionali continuano a sostenere che l’AUKUS non è coerente con l’impegno dell’Australia nei confronti del Trattato di non proliferazione nucleare , che è della massima priorità per la regione del Pacifico”.

Sulla tecnologia la vera svolta Aukus?

Ad oggi molto promettente sembra essere, in particolar modo, il terzo fronte: il “Pilastro 2” di Aukus, quello che porta a innovazione di frontiera e, soprattutto, trasferimento tecnologico. Aukus ha di fatto integrato il vecchio patto Ukusa per lo scambio informativo spingendo per l’asse tra le rispettive flotte di satelliti d’osservazione e creando una dottrina comune per contrastare le mosse di attori come la Cina e la Russia nel Pacifico creando dottrine operative e best practices per l’osservazione spaziale, l’uso dei satelliti spia, il contrasto agli asset analoghi di potenze rivali e la difesa del perimetro cyber.

La condivisione di informazioni riservate a quanto si apprende procede spedita: in primavera i Defence Science and Technology Laboratory di Salisbury, in Inghilterra, hanno organizzato il primo simposio sull’uso militare e civile dell’intelligenza artificiale tra i Paesi Aukus, i tre Paesi stanno ricercando la possibilità di creare sciami di droni intelligenti da mettere a fattor comune e Washington potrà usare le prospettive della ricerca e del capitale umano degli alleati per potenziare la sua superiorità sul calcolo quantistico. Dinamiche complesse che sembrano le più avanzate di Aukus, e forse le più dirompenti. Quelle, in altre parole, che possono creare sicurezza condivisa e non una corsa al “tutti contro tutti” regionale. Dunque vera deterrenza. Potrebbe essere questo, in prospettiva, il vero portato dell’Aukus nel quadro della stabilità regionale e globale.

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