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Lo Scaf (Système de Combat Aérien du Futur), il caccia di prossima generazione in fase di progettazione da parte di Francia, Germania e Spagna, potrebbe sbloccarsi entro la fine di quest’anno.

Flight Global riferisce che Dassault Aviation e Airbus Defence & Space sembrano essere sempre più vicini a un accordo sul cruciale contratto per la fase 1B che riguarda lo sviluppo di un velivolo dimostrativo. Il programma, in diretta concorrenza con il Tempest a cui partecipano Regno Unito, Italia, Svezia e che probabilmente vedrà l’ingresso anche del Giappone, è stato funestato da ritardi generati dall’incomprensione tra Dassault e Airbus in merito sia alla ripartizione delle competenze sia per la condivisione del know how e dei brevetti.

Questa fase contrattuale, fondamentale, avrebbe infatti dovuta essere siglata entro dicembre del 2021 e la mancanza dell’accordo ha contribuito ad allungare ulteriormente le tempistiche, tanto che a giugno di quest’anno era stato lo stesso amministratore delegato di Dassault, Éric Trappier, ad affermare al Paris Air Forum che il velivolo avrà un orizzonte operativo in ritardo di 10 anni rispetto a quanto previsto originariamente.

“[L’obiettivo del] 2040 è già mancato, perché siamo in stallo e anche le discussioni sulla prossima fase saranno sicuramente lunghe”, aveva affermato l’Ad. “Quindi puntiamo puntiamo piuttosto agli anni 2050”. Alla domanda sul “piano B” che era stato menzionato l’anno scorso quando era in discussione la fattibilità del progetto, Trappier ha ribadito che era già allo studio. “Un produttore deve avere piani B”, aveva detto. “Nessun produttore al mondo può affermare che quanto definito all’inizio di un programma, un contratto, andrà come previsto […] Anche se lo Scaf non andrà avanti come previsto, le cose comunque andranno avanti. Ora vedremo se questo piano B è una soluzione tutta francese o una collaborazione con altri partner”.

Dalle nostre colonne abbiamo seguito la vicenda Scaf, così come i progressi del programma Tempest, e abbiamo più volte sottolineato come la rivalità tra Francia e Germania abbia pesantemente influito negativamente nel procedere del progetto. Una rivalità che è stata tutt’altro che una sana competizione, causata principalmente dall’atteggiamento francese – e in parte anche tedesco – di poca inclinazione a condividere tecnologie e dare spazio ai requisiti di sistema determinati dai partner.

Tuttavia, Trappier, parlando con Flight Global al recente show dell’aviazione d’affari Nbaa a Orlando, ha affermato che i negoziati con Airbus sono ora nella “fase finale” e dovrebbero essere completati “nei prossimi giorni o settimane”. L’Ad di Dassault sembra fiducioso che si possa trovare un accordo che riconosca il ruolo di leadership della nota industria aeronautica francese, sulla base della sua lunga storia di sviluppo di caccia. “Se le regole sono in linea con quanto ho appena detto, siamo disposti a collaborare”, ha detto, affermando che “condivideremo il lavoro, ma dobbiamo avere un leader”. Dassault non starebbe cercando quel ruolo semplicemente per il gusto di essere al comando, sostiene Trappier, ma perché è nella posizione migliore per farlo al fine di fornire l’aereo più performante per i suoi clienti. Avverte inoltre che la fase 1B non significa che lo Scaf “sarà un successo”, possibilità che diventerà evidente solo “nei prossimi anni”.

Si sono quindi ricomposte le fratture franco-tedesche? È possibile che l’arrivo di Olaf Scholz al Bundestag abbia convinto Airbus a essere più malleabile stante la politica di riarmo della Germania che ha avuto un forte impulso grazie a una pioggia di denaro che mancava dai tempi della Guerra Fredda, resasi necessaria per rimodernare e ampliare delle forze armate che erano sull’orlo dello sfacelo.

L’accordo tra i ministri della Difesa francese e tedesco è arrivato a fine settembre e riguarda non solamente lo Scaf ma anche una serie di progetti di difesa congiunti, sebbene riteniamo che in alcuni ambiti, come quello per il nuovo Mbt (Main Battle Tank) Mgcs, la collaborazione tra Berlino e Parigi sia ancora lungi dall’essersi delineata stabilmente, anzi, permangono criticità che ricalcano quelle avute per il nuovo caccia.

Se guardiamo al programma concorrente, il Tempest, esso sembra godere di più buona salute dopo il deciso finanziamento italiano reso pubblico nell’ultimo Documento Programmatico Pluriennale e nonostante una Svezia che si sente “messa ai margini” della progettazione, come affermato dall’amministratore delegato di Saab Micael Johansson, parlando coi giornalisti il 26 agosto scorso.

Sembra quindi che Dassault sia riuscita a spuntarla con Airbus: Michael Schoellhorn, di Airbus Defence and Space aveva dichiarato in un’intervista al quotidiano economico francese Les Echos a giugno che “c’è davvero una differenza di interpretazione tra noi e Dassault su come portare avanti una vera cooperazione industriale. Il nostro disaccordo riguarda in particolare la condivisione dei compiti sui controlli di volo e la tecnologia stealth. Se il capocommessa Dassault desidera gestire queste due aree chiave senza consultarci, allora è un no”. Schoellhorn aveva tenuto a sottolineare che “Airbus non è il fornitore di Dassault su questo aereo. Siamo il partner principale” rincarando la dose quando ha aggiunto che nel momento in cui Dassault si dichiara “il miglior atleta, affermando che noi, Airbus, non sappiamo nulla dei controlli di volo degli aerei da combattimento, ciò non solo è falso, ma contribuisce a minare lo spirito di cooperazione e rispetto reciproco”.

La strada per lo Scaf è quindi in discesa? Siamo convinti di no, in quanto esiste uno nodo fondamentale della macchina da risolvere, e riguarda la possibile versione imbarcata e relativi costi: Parigi vorrebbe un caccia da poter usare sulla nuova portaerei, ma crediamo che la Germania non intenda accollarsi le spese di sviluppo di un velivolo che non può utilizzare non avendo una componente aerea imbarcata nelle sue forze armate.

Visioni diverse, requisiti diversi. Riteniamo quindi che Dassault non cederà terreno ad Airbus, e se davvero accordo sarà, significherà che l’azienda francese ha ottenuto quello che desiderava, ovvero gestire il programma da posizioni di forza. Ecco quindi perché la soluzione Tempest è quella ottimale per le esigenze della nostra Difesa, ed ecco perché il suo programma di sviluppo, a cui partecipiamo attivamente e alla pari coi britannici, sta dimostrando di essere più “vivo” rispetto a quello dello Scaf, fattori che ci portano a ritenere che la confluenza in futuro dei due progetti sarà molto difficile che possa avvenire.

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