Lo Stato maggiore della Difesa nipponico riferisce che nella mattina di mercoledì 30 novembre due bombardieri cinesi del tipo H-6K sono entrati nella Adiz (Air Defence Identification Zone) del Giappone e hanno sorvolato il Mar Cinese Orientale.
I bombardieri, come si legge nel comunicato stampa, dopo aver attraversato lo stretto di Tsushima, sono penetrati nel Mar del Giappone proseguendo poi a nord verso il continente.
Tokyo riferisce che “più o meno nello stesso periodo, due presunti aerei russi stavano volando verso sud nel Mar del Giappone, per poi invertire la rotta” tornando verso la terraferma. In risposta a questa intrusione, velivoli da caccia della Western Air Defense Force dell’aeronautica militare giapponese (Jasdf – Japan Air Self-Defense Force), probabilmente del tipo F-15, sono decollati su allarme per scortare la formazione mista di velivoli russo-cinesi. Anche la difesa aerea sudcoreana si è attivata per la scorta, e risulta che siano decollati altri caccia F-15.
Successivamente, nel corso della giornata, abbiamo avuto conferma dal Ministero della Difesa di Mosca che i velivoli “presunti russi” fossero effettivamente bombardieri Tupolev Tu-96MS scortati da caccia Sukhoi Su-30SM e Su-35S.
Si legge infatti, in una nota, che “un gruppo aereo composto da vettori missilistici strategici Tu-95MS delle Forze Aerospaziali russe e bombardieri strategici Hong-6K dell’aeronautica militare dell’Esercito di Liberazione Popolare (Pla) ha condotto pattugliamenti aerei sul Mar del Giappone e sul Mar Cinese orientale”. Mosca rende noto anche che “per la prima volta nel corso del pattugliamento congiunto, aerei russi sono atterrati in un aeroporto nella Repubblica Popolare Cinese e aerei cinesi sono atterrati sul territorio della Federazione Russa. Al termine dell’evento, tutti gli aeromobili coinvolti sono tornati ai loro aeroporti di origine”. La scorta di caccia del gruppo aereo, come detto, è stata fornita “da Su-30SM e del Su-35S delle Forze Aerospaziali russe. In alcune fasi del percorso, i vettori missilistici strategici erano accompagnati da caccia di paesi stranieri. Durante lo svolgimento dei compiti, gli equipaggi russi e cinesi hanno agito in conformità con le disposizioni del diritto internazionale. Non ci sono state violazioni dello spazio aereo di stati stranieri”.
Di particolare interesse è l’annotazione che il pattugliamento congiunto tra bombardieri russi e cinesi, durato circa otto ore “si è svolto nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni del piano di cooperazione militare per il 2022 e non era diretto contro Paesi terzi”.
Non è la prima volta che assistiamo a eventi di questo tipo: a luglio del 2019 abbiamo assistito al primo pattugliamento congiunto russo-cinese, quando bombardieri della stessa tipologia hanno effettuato un volo sul Mare del Giappone e sul Mar Cinese Orientale, dirigendosi però verso Taiwan passando a poca distanza dall’isola nipponica di Okinawa, dove gli Stati Uniti hanno un’importante base aeronavale. L’obiettivo di quella prima missione era “approfondire e sviluppare le relazioni russo-cinesi di partenariato globale, aumentando ulteriormente il livello di interazione tra le forze armate dei due Paesi, migliorando le loro capacità di condurre azioni comuni e rafforzando la stabilità strategica globale”.
Partenariato in campo militare che è andato approfondendosi nel corso del tempo, anche in considerazione delle conseguenze geopolitiche determinate dall’invasione russa in Ucraina, che hanno isolato Mosca dal mondo occidentale. Uno degli ultimi pattugliamenti tra le forze da bombardamento strategico di Russia e Cina è avvenuto a maggio di quest’anno, sempre nella stessa aerea, e anche in quel caso i bombardieri erano stati scortati da caccia, ma non così pesantemente come in quest’ultimo: una mappa diffusa dal Ministero della Difesa giapponese mostra che anche una coppia di caccia J-16 della Plaaf (People’s Liberation Army Air Force ha scortato i bombardieri, almeno per un po’, mentre si trovavano sopra il Mar Cinese Orientale. Altri due caccia cinesi non identificati hanno accompagnato i bombardieri mentre transitavano nello stretto di Tsushima.
Mosca e Pechino stanno dimostrando di procedere verso una maggiore interoperabilità delle proprie forze aeree utilizzando i rispettivi aeroporti come basi di partenza/arrivo: qualcosa che, dal 2019 a oggi, non era mai capitato. Non sappiamo quali aeroporti siano stati utilizzati per questo addestramento, ma dalle rotte possiamo pensare che siano situati nella regione del Comando del Teatro Orientale cinese – probabilmente nella provincia di Zhejiang – e nella regione di Amur in Russia, come si potrebbe pensare da un video diffuso dal Ministero della Difesa russo, anche se non è chiaro se i bombardieri cinesi vi siano effettivamente atterrati.
La missione sembra comunque più complessa di un semplice pattugliamento congiunto: secondo Reuters, Tokyo ha affermato che agli H-6K si sono uniti anche due droni russi di cui non è stata comunicata la tipologia anche se non ci sono ulteriori conferme e riteniamo che la Russia non abbia in servizio uno Uav (Unmanned Air Vehicle) a così lungo raggio. Si ritiene quindi che in realtà possa trattarsi di droni cinesi.
Nonostante questo nuovo passo avanti verso l’integrazione tre le forze armate russe e quelle cinesi, ancora non è possibile parlare di alleanza tra Russia e Cina, in quanto questo termine prevede accordi che comportano il reciproco intervento militare in caso di necessità, e tra i due Paesi non è stato siglato nulla di simile. Certamente Mosca sta guardando a Pechino con più interesse, ma i rapporti non sono idilliaci in quanto la Cina ha mostrato di mal tollerare il conflitto in Ucraina, esplicitando questo sentimento, in modo quasi sorprendente, durante il recente vertice di Samarcanda, dove anche l’India – partner della Russia – ha sollevato aspre critiche verso la condotta russa.
La guerra, ma soprattutto il suo andamento non proprio brillante per Mosca, ne sta quindi ridimensionando il suo peso internazionale portando a uno squilibrio nei rapporti di forza tra i nuovi partner: la Cina è una potenza militare in ascesa con ambizioni globali che può facilmente “fagocitare” la Russia grazie alla sua potenza economica, se pur recentemente entrata in crisi al punto tale da aver fortemente ridimensionato le ambizioni della Bri (Belt and Road Intiative), che da più parti è considerata a rischio.