Il capo della Marina iraniana ha annunciato la nuova iniziativa di cooperazione navale con le monarchie arabe che si affacciano sul Golfo Persico per “liberare la regione dalle forze illegittime“. Se fosse proprio un processo di collaborazione con l’Iran a garantire la sicurezza dei traffici marittimi, questo segnerebbe la fine dell’influenza americana sui Paesi del Gulf Cooperation Council.

La dichiarazione unilaterale

Sabato 3 giugno il comandante della Marina iraniana ha dichiarato in un messaggio trasmesso dalla tv nazionale che Iran e Arabia Saudita, insieme ad altri tre Stati del Golfo Persico – Emirati Arabi Uniti, Qatar e Bahrein – pianificano di formare una coalizione navale che si estenderà anche a India e Pakistan. “I Paesi della regione” ha affermato il contrammiraglio Shahram Irani, “hanno oggi realizzato che solo la cooperazione tra noi può garantire sicurezza alla regione”.

“Grazie a questa coalizione nelle zone settentrionali dell’Oceano Indiano” ha continuato il comandante, “presto assisteremo alla liberazione della regione dalle forze non autorizzate”. Il riferimento implicito è agli Stati Uniti, che con la loro Quinta Flotta rappresentano un’importante presenza navale nell’area, fortemente osteggiata dall’Iran.

I media governativi che hanno riportato la notizia non hanno fornito altri dettagli sulle tempistiche e le caratteristiche di questa alleanza, ma, elemento ancor più rilevante, la notizia non ha destato nessuna eco nei media dei Paesi teoricamente coinvolti. Né i giornali nazionali né le comunicazioni dei vari ministeri hanno dato alcuna notizia che confermi tali sviluppi.

Non è raro in realtà che gli ufficiali iraniani facciano dichiarazioni gonfiate per dare un’immagine di autorità e risolutezza e migliorare il proprio standing internazionale; pertanto, le dichiarazioni del comandante Irani devono avere qualche riscontro da parte dei Paesi arabi del Golfo per essere credibili.

La presenza americana

La notizia tuttavia è corroborata dal recente annuncio del ritiro degli Emirati Arabi Uniti dalla coalizione navale a guida americana Combined Maritime Forces (Cmf). La task force statunitense, acquartierata nella base navale americana in Bahrain, comprende un totale di 38 nazioni e lavora su sicurezza, antiterrorismo e lotta alla pirateria nel Mar Rosso e nel Golfo Persico. Pattuglia le acque regionali e ispeziona regolarmente le navi in acque internazionali per contrastare eventuali traffici illeciti.

Nei fatti, l’iniziativa rappresenta un tentativo di forgiare una coalizione regionale per contenere l’Iran, e include anche una rete di difesa aerea per tutelare quelle importanti vie del commercio marittimo che dal 2019 sono messe a repentaglio dalle aggressioni e dai sequestri operati dalla Marina iraniana e dalle forze marittime delle Guardie della Rivoluzione Islamica.

La notizia del ritiro emiratino dalle Cmf è stata oggetto di controversie: in seguito alla comunicazione del ministro degli Affari Esteri di Abu Dhabi, i giornali americani hanno riportato la notizia affermando che il recesso era dovuto allo scontento degli Emirati, che avrebbero voluto un’azione preventiva più decisa da parte degli Stati Uniti contro le aggressioni marittime iraniane. Il ministro emiratino ha poi smentito questa interpretazione, segnalando che rappresentava valutazione distorta dei rapporti tra Abu Dhabi e Teheran. L’1 giugno la Quinta Flotta degli Stati Uniti ha comunicato che il Paese è in realtà ancora un “partner” della coalizione multinazionale, e il sito della Cmf riporta ancora gli Emirati tra i partecipanti alla task force.

Il ritiro di Abu Dhabi dall’iniziativa americana e la possibilità di questa nuova alleanza nel Golfo a trazione iraniana segnalano un ulteriore indebolimento del ruolo di Washington in Medioriente, e quella che era stata disegnata policy di disimpegno potrebbe presto tramutare in marginalizzazione degli interessi americani nella regione.

Gli Emirati Arabi Uniti, che sono stati il primo Stato arabo del Golfo a firmare un accordo di normalizzazione con Israele nel 2020, hanno ripristinato relazioni diplomatiche formali con la Repubblica Islamica lo scorso anno.

Carte rimescolate nel Golfo

Da tempo l’Iran sta provando a ricucire i rapporti con le monarchie arabe del Golfo. Il riavvicinamento che ha archiviato sette anni di ostilità tra Arabia Saudita e Iran ha vanificato gli sforzi congiunti di Stati Uniti e Israele per isolare l’Iran diplomaticamente e militarmente, e ha evidenziato una nuova traiettoria per la stabilità regionale e la cooperazione economica. L’accordo mediato da Pechino è stato valutato come uno slittamento nella policy estera e di sicurezza saudita, che per decadi ha fatto affidamento sugli Stati Uniti per la sicurezza dei propri scambi commerciali in cambio di uno flusso di petrolio stabile e a prezzi ragionevoli. Teheran ha più volte definito la distensione come una grande vittoria diplomatica contro Washington e un importante passo verso l’obiettivo dichiarato di “espellere l’America” dalla regione – obiettivo che si configurerebbe come molto prossimo con l’alleanza navale proclamata dal comandante Irani.

L’arena marittima sta guadagnando sempre più importanza nella regione, e lo dimostrano le diverse iniziative in corso tra le quali si innesta la presunta alleanza navale iraniana. Israele ha da poco testato con successo C-Dome, un sistema di difesa missilistico che rappresenta la versione navale di Iron Dome e sta conducendo proprio in questi giorni l’esercitazione “Mano Ferma” che combina le forze di terra, mare e aria delle Idf. Il comando centrale delle forze navali americane (Navcent) ha designato una task force nella base in Bahrain per creare una flotta di un centinaio di navi di superficie senza equipaggio per garantire la sicurezza della regione.

Cavalcando l’onda del recesso emiratino dalla coalizione di forze marittime di Washington, Teheran spera di poter trascinare nella propria sfera di influenza quei Paesi che, come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, sono stati tradizionali alleati americani, in un impianto di cooperazione che assume le sembianze di un grande ricatto. Da anni le incursioni iraniane ai danni di petroliere e navi commerciali di proprietà di Stati del Golfo o carichi dei loro prodotti non vengono “vendicate” dalle forze americane – le amministrazioni Obama, Trump e Biden hanno preferito evitare rappresaglie contro le provocazioni iraniane e non hanno sviluppato una risposta militare deterrente convincente. Teheran può così presentare la cooperazione come unica soluzione possibile per garantire la sicurezza delle acque regionali: questa postura risuona esplicitamente nelle parole del comandante della Marina iraniana riportate sopra.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.