Fin dallo scoppio del conflitto in Ucraina, ormai più di un anno fa, tra le mille ipotesi e dietrologie costruite attorno alle ragioni della guerra stessa, ve ne è una almeno che non risiede nell’iperuranio dei complottisti: ovvero il ruolo che le organizzazioni criminali hanno rivestito prima e dopo l’inizio delle ostilità. Per comprenderlo, un florilegio di dati accessibili a tutti.
Il conflitto ha sparigliato le carte dei traffici internazionali che per lungo tempo hanno visto il loro crocevia nelle strade che collegano Russia e Ucraina. Il mar Nero, così come il confine tra territori occupati e Ucraina è diventato un reame difficile per gli scambi illeciti: la legge marziale ha privato questi flussi della loro manodopera abituale e l’imposizione del coprifuoco rende difficile muoversi nell’ombra perfino per i criminali di alto rango più scaltri. Ma soprattutto, lo stesso mondo criminale – dichiaratosi “netutale” allo scoppio delle ostilità – ha ora remora ad entrare in contatto con i propri omologhi russi (e viceversa): in gioco non vi è più solo il dio danaro o un ruolo di potere, bensì l’etichetta di traditori, il destino di due nazioni.
Le organizzazioni criminali in Ucraina
Sin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, sul territorio ucraino sono state presenti diverse organizzazioni mafiose dedite al traffico di armi, estorsioni, omicidi su commissione, rapimenti. Sebbene la loro infliuenza sia notevolmente diminuita dagli anni Novanta ad oggi, sono da segnalare almeno tre grossi gruppi criminali, noti anche come vory-v-zakone, i famosi thieves in law che costellano la fratellanza mafiosa in Russia: il gruppo Lux operante in quel di Donetsk e le bande Samuel Martirosayan e Bashmaky in Crimea. La loro influenza politica è a vari livelli, in particolar modo nel Donbass, ove hanno contribuito spesso alla mobilitazione politica e al finanziamento stesso delle campagne elettorali.
Uno dei nodi caldi di questo ecosistema criminale transnazionale è la meravigliosa Odessa, crocevia fra mafia ucraina e russa, provincia narcos con spire che la legano al sud America quanto all’Afghanistan. L’organizzazione Global Crime Index classificava Kiev al 34esimo posto su 193 Paesi come indice di criminalità e terza su 44 Paesi europei. Il traffico internazionale di esseri umani ha qui una delle sue provincie di transito e origine: prevalentemente donne per il mercato della prostituzione, uomini per il mondo del lavoro nero in edilizia e agricoltura, e cittadini di etnia rom assoldati per l’accattonaggio o come “muli” della droga. A questo si aggiunge il mercato nero delle armi di piccolo calibro che il conflitto ha solo incrementato: si tratta soprattutto di pistole Makarov e Tokarev, nonché fucili d’assalto di cui il Donbass è stato capitale da almeno dieci anni. I porti ucraini situati lungo il mar d’Azov e il mar Nero, così come il sistema fluviale ucraino hanno reso da sempre l’Ucraina il luogo ideale per i trafficanti che cercano di accedere al mercato della droga in Europa: eroina (dall’Afganistan, in transito dalla rotta balcanica), cocaina (dall’America latina verso il mar Nero), cannabis, droghe sintetiche, stimolanti e anfetamine, un mercato in continua crescita dal 2010.
La Russia di Putin tra lotta e connivenza con la criminalità
Parallelamente, in Russia, le cose non vanno diversamente. Per decenni sono proprio le mafie ad aver tenuto assieme le due nazioni sorellastre. Non a caso la più grande organizzazione mafiosa russa, la Solncevskaja bratva è retta da due uomini: il russo Sergej Michajlow e l’ucraino Semyon Mogilevich. Una vera Ong del crimine che esporta ogni anno cifre da capogiro in Cina lucrando su eroina e legname tagliato illegalmente che scorre a fiumi sulla Via della Seta. I proventi, riciclati e ripuliti, vengono poi investiti in Europa, Israele e Stati Uniti, tutte nazioni buen retiro dei grandi boss. Qui, come sottolinea l’Economist in una sua inchiesta, le organizzazioni mafiose a cui Vladimir Putin aveva dichiarato guerra, sono diventate una risorsa fondamentale in tempo di guerra: i criminali sono reclutati come intelligence secondaria del Cremlino, e ai mafiori russi all’estero viene chiesto di depositare grosse cifre su conti neri che possono essere utilizzati per operazioni sottotraccia.
Ma è stato il gas il grande nodo che ha saldato l’alleanza fra le due mafie gemelle. Nel 2004 venne creato il gigante dell’energia RosUkrEnergo dall’ex presidente ucraino Leonid Kuchma e da Vladimir Putin. Il gas dal Turkmenistan giungeva all’ucraina Naftogaz che doveva comprare dall’intermediaria RosUkr e vendere solo in Ucraina: ad un prezzo più altro ma soprattutto cedere gratuitamente in Crimea e Donbass. Proprio qui avvenivano i grandi furti di gas che le differenti bratve mafiose potevano rivendere al miglior offerente. Al vertice di questa alleanza del gas Mogilevich, Putin e tale Dmytro Firtasch, intermediario fra il governo ucraino, Gazprom e l’allora primo ministro ucraino Viktor Janucovyc. Firtasch è lo stesso uomo legato al presidente dell’ex campagna elettorale di Donald Trump e che ha avuto a disposizione un legale del calibro di Rudolph Giuliani. Un intreccio globale che si è inceppato di fronte ai fatti di Maidan nel 2014: l’eventuale ingresso in Europa dell’Ucraina, infatti, avrebbe “disturbato” questo sodalizio criminale tra le due realtà mafiose. Non a caso, nel 2021, lo stesso il Consiglio per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina sanzionò Firtasch poichè le sue attività, alcune legate al mercato del titanio, avrebbero coadiuvato il complesso militare-industriale della Federazione russa”.
Il sodalizio fra due bratve
Quello che è accaduto nell’Ucraina post sovietica è accaduto specularmente in tutte le ex-nazioni satelliti, ma anche in Russia. Lì dove è venuto a mancare la mano visibile-visibilissima dello Stato si sono infiltrate mafie e gruppi criminali. Dapprima scacciati come il male assoluto, sono poi diventati una struttura occulta-parastatale utile a realizzare profitti, tessere relazioni ma soprattutto contenere l’instabilità scongiurando un ritorno ai tumultuosi anni Novanta. Nel sud-est dell’Ucraina le figure dell’intelligence russa hanno coltivato relazioni di alto profilo con quelle reti criminali di rango elevato che necessitano del rapporto con la Russia per sopravvivere. Dall’ingresso di Putin al Cremlino, la criminalità ucraina ha subito una grande rivoluzione: da banditi “in tuta da ginnastica” come li definì un cablogramma dell’ambasciata Usa, si è trasformata in boss di alto rango. Una “rivoluzione” che ha reso più facili le cose in occasione delle operazioni militari del 2014 aprendo, successivamente a decine di politici eletti fra i filorussi legati con la criminalità organizzata: fra questi Sergej Aksyonon e Vladimir Konstantinov, rispettivamente primo ministro e presidente del parlamento della Crimea.
Quale futuro?
Dopo quasi 15 mesi di guerra, è chiaro come il conflitto abbia deviato traffici di uomini e merci nonché messo in difficoltà le attività delle grandi organizzazioni criminali, al contempo impegnate con il conflitto. Lo si comprende da alcuni semplici dati che vedono il traffico di eroina e metanfetamine ora spostatosi sul confine Turchia-Iran o da alcuni sequestri record di cocaina avvenuti recentemente in Russia.
Nessuno ad oggi sa quale sia “lo stato di salute” di questo sodalizio transfrontaliero fra bratve. Certo è che, se la guerra ha messo i bastoni fra le ruote a certi legami criminali e ad un certo tipo di affari, il post-conflitto sarà in grado di generare ben altri mostri come accaduto alla fine della Guerra Fredda o dopo il conflitto nei Balcani. Si pensi soprattutto al traffico illegale di armi da fuoco di piccolo calibro oppure al traffico di esseri umani mescolato al caos di rifugiati e rimpatriati. La recisione di importanti arterie-fosse anche solo stradali- di questo tipo di attività criminali, creerà un lungo raffreddamento tra le attività sommerse di Russia e Ucraina. Se giungere ad un divorzio sarà impossibile, per un serio allontanamento le condizioni saranno principalmente due: il progressivo ingresso di Kiev nell’orbita UE-con tutti i requisiti necessari che verranno richiesti- e un dopo Putin ove Mosca dichiari nuovamente guerra alla bratva russa. Nulla che possa avvenire in una manciata di anni.