Le tensioni sociali in Svezia tornano a riesplodere. Sabato 16 aprile sono scoppiati disordini durante alcune manifestazioni anti-islamiche di estrema destra. Tra i promotori dei cortei c’era Stram Kurs, partito radicale guidato da Rasmus Paludan, che aveva minacciato di dare fuoco a copie del Corano. In realtà già da qualche giorno la tensione nelle città del Paese era in aumento. In particolare dopo all’annuncio del gruppo di aver bruciato una copia del libro sacro dell’Islam e di voler ripetere il gesto.
Per capire motivazioni e dinamiche dell’accaduto, bisogna tornare agli scontri del 28 agosto 2020 nel quartiere periferico di Malmö (Svezia) tra i residenti di religione islamica e le forze dell’ordine innescati proprio dal rogo di un Corano da parte di attivisti di estrema destra.
Non è la prima volta che episodi di violenza dilagano in diverse località del paese. L’estremismo islamico è un serio problema nazionale per la Svezia, nonostante sia stato negato e minimizzato da molti esponenti governativi e dai media.

Quali sono, però, i motivi sociali che hanno spinto nel tempo alla violenza? E come può aver influito la percezione diffusa della Svezia come hub del terrorismo islamico?
Il peso dei salafiti
Un report del 2019 della Swedish Defense University è stato il primo tentativo di mappare l’ambiente salafita-jihadista in Svezia. Il lavoro dal titolo Tra salafismo e jihadismo salafita. Impatto e sfide per la società svedese dimostra come gli ambienti salafiti-jihadisti fossero in crescente sviluppo in diverse località delle comunità svedesi. In particolare, il salafismo, movimento fondamentalista islamico che predica il ritorno alla purezza originaria con l’intento di ricreare le condizioni in cui visse e professò Maometto, si stava intensificando in alcune aree svantaggiate, come il nort-est di Göteborg. Per Magnus Ranstorp, direttore della ricerca, l’influenza salafita ha contribuito in queste aree alla partenza di cittadini svedesi verso la Siria per unirsi a movimenti come l’Isis o al Nusra.
Il report mostra un’immagine dell’Islam in Svezia che rappresenta la strategia e la metodologia di espansione dell’Islam radicale. Rappresenta un reale problema la posizione antidemocratica del salafismo, in quanto per loro le leggi di Dio sono le uniche consentite.
Molti degli intervistati nello studio hanno espresso preoccupazione per le scuole coraniche. Nel report si legge che la più grande organizzazione musulmana del mondo, Nahdlatul Ulama, ha analizzato il contenuto di alcuni libri di testo utilizzati nelle scuole coraniche. Il risultato è stato che il materiale presentava un’interpretazione del mondo in cui si l’Islam era onnicomprensivo. I libri istruivano inoltre i musulmani a non integrarsi nella società svedese o a rispettare le sue leggi. La Svezia e gli svedesi venivano visti come non credenti e con un sistema sociale che contrastava con quello ordinato da Dio.
La preoccupazione riguarda anche altri canali di veicolazione della dottrina. Alcuni predicatori salafiti utilizzano i social media per diffondere i loro messaggi riguardo separazione dei sessi, dichiarazioni omofobiche e antisemite, ma soprattutto del rifiuto nei confronti della partecipazione alla società e contro i non credenti. Questi messaggi creano nemici e rappresentano potenziali meccanismi di ingresso in visioni più radicali che possono sfociare, ad esempio, nel terrorismo. La preoccupazione è proprio nei confronti delle opinioni antidemocratiche che i predicatori salafiti continuano a diffondere e che sono alla portata dei giovani svedesi sui social media.
Più studi sarebbero serviti ad analizzare e a promuovere l’integrazione, evitando scontri violenti e dovuti alla disinformazione. Magnus Ranstorp proponeva infatti più iniziative di ricerca interdisciplinari nel campo, come l’influenza del salafismo nella società e l’importanza di separare l’Islam come pratica religiosa, l’islamismo come ideologia politica e il salafismo nelle sue varie sfaccettature.
Salafismo e jihadismo salafita in Svezia
Il salafismo è un movimento dell’Islam sunnita che predica un ritorno all’Islam delle prime tre generazioni di musulmani dopo il profeta Maometto. Chi appartiene a questa branca si oppone all’innovazione nell’interpretazione religiosa. Le uniche distinzioni accettate sono quelle tra credenti e non credenti. È importante sapere che non tutti i salafiti sono jihadisti, ma tutti i jihadisti sono salafiti. Gli attivisti del movimento salafita sono chiamati salafiti-jihadisti. L’organizzazione terroristica Stato islamico (Isis) è composta da salafiti-jihadisti.
Sia il salafismo che il salafita-jihadismo si sono mostrati molto attivi in Svezia: sia con frequenti contatti con altri gruppi jihadisti in Medio Oriente; sia con attacchi terroristici a Drottninggatan e a Stoccolma nel 2010 e nel 2017.
Negli ultimi dieci anni, si è assistito a una crescita notevole dell’estremismo islamico. Molti sono stati i casi anche di convertiti svedesi impegnati in una propaganda violenta in diverse località svedesi, come Göteborg, Örebro, Malmö, Hässleholm, Halmstad, Arlöv, Landskrona, Norrköping e Umeå.
Ciò che emerge è il fallimento della politica nazionale di integrazione degli immigrati musulmani. Molti salafiti intervistati nello studio affermavano infatti di non avere alcun amico svedese e di considerarli kufr, un termine arabo con cui si identificano infedeli e miscredenti.
L’infiltrazione islamista in alcune aree ha favorito anche la nascita delle cosiddette “no go zones”, termine con cui si fa riferimento ai quartieri ad accesso limitato in Europa occidentale, in cui è proibito l’ingresso informale per le forze dell’ordine e i cui abitanti sono sotto il controllo di crimine organizzato e islam radicale.
Il tabù sulle migrazioni in Svezia
Da molti anni la discussione pubblica sulle possibili connessioni tra la migrazione e l’aumento dei livelli di criminalità e violenza delle bande è considerata un tabù, come si legge nell’articolo della giornalista e analista politica Judith Bergman. Anche le pubblicazioni di statistiche sull’argomento si sono interrotte dopo che il Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità (Brå) le aveva pubblicate nel 1996 e 2005. Il ministro della Giustizia Morgan Johansson si era opposto nel 2017 alla pubblicazione di statistiche sull’origine etnica dei criminali in Svezia, in quanto ritenuti irrilevanti.
La criminalità è diventata però una norma quotidiana e il tabù è diventato un argomento di discussione. “Non è più un segreto oggi che gran parte del problema della criminalità tra bande e reti con le sparatorie e le esplosioni è legato alla migrazione in Svezia negli ultimi decenni”, ha affermato un anno fa il capo della polizia di Goteborg Erik Nord.
Multietnica ma con poca integrazione
La città multietnica per eccellenza in Svezia è Malmö, in cui il 30% degli abitanti è di fede musulmana. Qui si trova Rosengård, a quattro chilometri dal centro, spesso protagonista delle pagine di cronaca ma anche molto apprezzata proprio per la sua diversità. Il quartiere è nato negli anni ‘60 ed è abitato da molti immigrati islamici.
Ed è proprio a Malmö che nell’agosto 2020 si erano registrati episodi di violenza, tra incendi e scontri con la Polizia svedese. Ci fu confusione tra le versioni dei media italiani e quelle dei media svedesi e stranieri. I primi sostenevano che gli autori della violenza erano 300 attivisti di estrema destra che manifestavano contro i musulmani, mentre i secondi che si trattava di violenze e proteste contro la manifestazione anti-islamica avvenuta durante la giornata. Secondo il rapporto della polizia, le proteste erano scoppiate a seguito di un gesto antiislamico di estremisti di destra che hanno volutamente incendiato una copia del Corano. Ma gli incidenti e le scene di aggressione e vandalismo sembra che fossero dovute all’azione dei radicali islamici salafiti.

Sabato 16 aprile 2022 sono scoppiati disordini nella Svezia meridionale in seguito allo spostamento di una manifestazione di un gruppo di estrema destra anti-Islam che stava progettando di bruciare un Corano. Risse e disordini sono stati segnalati nella città di Landskrona e all’origine c’è l’ex avvocato Rasmus Paludan. Con il suo partito chiamato Stram Kurs, o “Linea dura”, il residente danese con nazionalità svedese è noto per le sue provocazioni contro i musulmani. In Danimarca, ma anche in città svedesi in passato, ha bruciato più volte il Corano nei quartieri di immigrati in nome della libertà di espressione, per poi trasmettere il video sui social network.
L’obiettivo, spiega lui stesso, è “creare un conflitto, mostrare quanto siano violenti i musulmani”. Nei giorni precedenti erano stati segnalati scontri in altre città come Örebro. In due anni pare che le vicende si susseguano secondo un filo rosso ben definito.
Nel tempo una parte consistente della società svedese, in particolare quella vicina ai partiti di estrema destra, ha iniziato a mostrare segni sempre più evidenti di insofferenza verso la presenza di islamisti nella città. Le preoccupazioni suscitate nei servizi di sicurezza e nell’opinione nei confronti di individui violenti e indottrinati dall’ideologia salafita hanno causato azioni a loro volta violente, al pari di quelle contro cui si ribellano. Proprio per questo motivo una parte della popolazione svedese, soprattutto emigrati islamici, hanno reagito con altre proteste, in un loop infinito di botta e risposta. Qualcosa è andato storto nel progetto di integrazione degli immigrati in Svezia ed è forse da questo punto da cui bisognerebbe ripartire.