Le infrastrutture energetiche degli Stati Uniti si sono improvvisamente scoperte fragili, vecchie e vulnerabili. La dimostrazione più evidente arriva dal recente attacco hacker al Colonial Pipeline, l’oleodotto che parte da Houston e arriva fino al New Jersey, rifornendo l’East Coast del 45% del suo carburante. Gli esperti lo hanno definito “il più grave attacco hacker” in questo settore mai accaduto in territorio americano. Gli autori del gesto – un gruppo denominato DarkSide – lo scorso mercoledì sono riusciti a bloccare il sistema informatico dell’oleodotto. A quel punto hanno minacciato di rivelare dati riservati se le autorità non avessero pagato loro un lauto riscatto.
L’episodio può dunque essere definito un ransomware attack, ovvero il marchio di fabbrica che sta contraddistinguendo sempre di più la nuova criminalità informativa. Non a caso, negli Stati Uniti hanno subito sorte simile circa 2.400 entità, tra banche, ospedali e università. Anche se, nel mirino degli hacker, troviamo in prima fila strutture legate al settore industriale. Il motivo è semplice: società del genere sono disposte a pagare ingenti somme al fine di ristabilire il controllo dei propri sistemi di sicurezza. Sistemi, va detto, che risentono notevolmente del trascorrere degli anni. Prendiamo il Colonial Pipeline. È stato realizzato oltre 40 anni fa e le sue strutture, piuttosto antiquate, risultano soltanto “aggiornate” con le nuove tecnologie.
Gli effetti dell’attacco hacker
Non è chiaro se il riscatto chiesto dagli hacker sia stato saldato o meno. Sappiamo soltanto che, dopo 6 giorni di chiusura, il Colonial Pipeline ha riaperto i battenti. Stiamo parlando del più grande oleodotto americano, dotato di 8.550 chilometri di tubature, in grado di trasportare fino a 2.5 milioni di barili nelle città del sud-est del Paese, tra benzina, gasolio e carburante per aerei. Dal momento che questa struttura rifornisce, da sola, più o meno la metà della costa orientale Usa, i danni provocati dall’assalto informativo sono stati e continuano a essere consistenti.
In molti centri della suddetta costa orientale inizia a mancare la benzina, una risorsa energetica fondamentale per lo svolgimento delle attività basilari. L’interruzione ha generato lunghissime code alle stazioni di servizio nonché acquisti di panico. Il risultato? Migliaia di centri hanno prosciugato le forniture. Serviranno dei giorni affinché le consegne, nel frattempo interrotte, ripartano a ritmo regolare. Gli automobilisti stanno tuttavia facendo i conti con la realtà. Trovare benzina è impresa ardua, soprattutto in alcuni Stati del sud-est. Secondo la Cnn persino certe basi militari, tra Virginia, Georgia e Nord Carolina hanno posto limitazioni all’acquisto di carburante da parte dei civili
Le aree a secco di gas e carburante
L’area finita nell’occhio del ciclone riguarda, come detto, la costa orientale degli Stati Uniti. Qui gli autisti hanno riscontrato uno scenario quasi da film. Accanto all’elevato numero di stazioni di rifornimento a secco di carburante, i cittadini sono stati costretti a fare i conti con un inevitabile aumento dei prezzi in quei nei pochi luoghi che avevano ancora scorte da vendere. Attenzione però, perché l’America non ha finito gas e carburante. Come ha sottolineato Quartz, il problema principale è di natura logistico. Tutto dipende quindi dalla distribuzione delle risorse, e non da carenza di forniture.
10pm CT: As expected, outages moving mildly higher. Expecting limited improvement overnight, but not major improvements yet. % of stations without gas:
AL 9%
DC 42%
DE 5%
FL 29%
GA 50%
KY 3%
LA 0%
MD 31%
MS 6%
NC 74%
NJ 1%
SC 53%
TN 27%
TX 0%
VA 56%
WV 6%— Patrick De Haan ⛽️📊 (@GasBuddyGuy) May 13, 2021
Secondo quanto riportato dall’analista Patrick De Haan, nelle ultime ore le interruzioni relative al rifornimento di gas e carburante si sono spostate anche oltre la costa orientale. In particolare, la situazione appare alquanto problematica nella Sud Carolina, dove il 53% delle stazioni sono ancora a secco di gas, Nord Carolina (addirittura il 74%), Virginia (56%), Georgia (50%) e District of Columbia (42%). Situazione da monitorare in Florida (29%). Maryland (31%) e Tennessee (27%) e Alabama (9%) e Delaware (5%). Danni limitati, invece, in Kentucky (3%), Mississippi (6%), West Virginia (6%) e New Jersey (1%). Per questa volta gli Stati Uniti possono tirare un sospiro di sollievo. Anche se occorrono al più presto contromisure per evitare di incorrere in nuovi disastri del genere. Duramente colpite anche alcune delle principali aree metropolitane. Sempre secondo le rilevazioni di De Haan le interruzioni hanno colpito il 71% delle stazioni delle aree metropolitane di Charlotte, quasi il 60% ad Atlanta, il 72% a Raleigh e il 73% a Pensacola.