Avevano destato l’orrore e la paura di tutti quelle prime immagini della città cinese dello Hubei, Wuhan, alla quale vennero blindati gli accessi con l’ausilio delle forze militari. Le prime foto delle persone che indossavano le mascherine senza potersi spostare liberamente per la città e quel sentimento di terrore che traspariva da ogni singolo scatto che provenisse dalla Cina in quei primi fatidici giorni di epidemia. Non ci saremmo aspettati in quel momento però che ciò potesse divenire il destino di tutto il mondo, col coronavirus che, probabilmente, aveva già lasciato i confini dello Hubei e si era già impossessato di tutto il mondo. E adesso, ripensando a quei giorni, il presentimento che forse ci saremmo potuti muovere con anticipo apre a nuovi rimorsi, poiché avrebbe potuto evitare la morte a centinaia di migliaia di persone nel mondo.

I rimorsi maggiori, però, forse dovrebbe averli proprio la Cina, con l’ipotesi di una “fuga” dai laboratori di Wuhan e soprattutto di evidenti segnali lasciati passare inosservati che torna nuovamente d’attualità. Stando infatti a quanto riportato dalla testata giornalistica britannica The Sunday Times, la Cina aveva già ben presenti gli effetti di un virus molto simile al Covid-19, poiché scoperto dai ricercatori locali nel lontano 2012. Sette anni fondamentali, forse, per evitare tutte le morti che si sono verificate. Sette anni cruciali in cui il virus presente nelle feci di pipistrello e scoperto nei meandri di una miniera è stato conservato nei laboratori di ricerca di Wuhan.

La “Sars della miniera” che uccise tre uomini

Era il 2012 quando un gruppo di ricercatori cinesi – schermati e protetti con degli indumenti alquanto simili a quelli utilizzati oggigiorno dagli operatori sanitari – si addentrarono all’interno di una miniera abbandonata della Cina meridionale. In quel luogo avevano trovato la morte poche settimane prima tre persone, a seguito della crisi respiratoria causata  da un virus sino a quel momento sconosciuto ma alquanto simile al virus della Sars. Gli altri tre contagiati del gruppo, invece, erano riusciti a sopravvivere dopo mille fatiche portate avanti per giorni.

L’ambiente scuro della miniera, un virus spaventosamente simile all’attuale Covid-19 e soprattutto originato dalle feci di pipistrello: uno scenario da incubo, che conferma comunque quanto detto sul suo balzo di specie in questi mesi. E che il virus fosse potenzialmente pandemico e soprattutto pericoloso fu chiaro sin dalle ore successive alla morte di quelle tre persone, cadute negli anni nel dimenticatoio. Per questo motivo, infatti, su di esso sono stati portati avanti studi durati mesi ed effettuati in quei laboratori scientifici all’avanguardia presenti nella città di Wuhan.

La Cina conosceva il pericolo

La gravità degli scenari che si sarebbero presentati qualora quel virus fosse stato in grado di trasmettersi da uomo a uomo avevano attirato l’attenzione del mondo accademico cinese. Dopo la stesura della ricerca di questa scoperta non è rimasta però traccia alcuna, se non un paio di citazioni accademiche, come una sorta di esercizio o di uno studio legato semplicemente alla volontà umana di scoprire il mondo. Tuttavia, l’aver reso segreto i risultati delle analisi e soprattutto l’aver impedito lo studio e la conoscenza del patogeno sono state alla base anche dei fallimenti medici e farmaceutici di questo tragico 2020. E anche in questo caso, la Cina non può che essere additata come colpevole di u insabbiamento.

Perché la Cina ha tenuto nascosti i dati?

È difficile capire per quale motivo la Cina decise di tenera nascosti i dati. Dopotutto, il virus non si differenziava così tanto dal virus della Sars che la colpì qualche anno prima – e anzi, potrebbe essere considerato proprio l’anello mancante tra la Sars ed il Covid-19. La sua scoperta, infatti, avrebbe permesso anche di ristabilizzare l’immaginario della sanità pubblica cinese, che si sarebbe dimostrata all’avanguardia ed in grado di anticipare la nascita di nuovi focolai potenzialmente pandemici. Tuttavia, di quella ricerca le tracce sono andate perse: almeno sino alla rivelazione fatta dal Times.

Le cause, forse, sono da ricercarsi però al di fuori del mondo scientifico e sono legate alla credibilità del Paese a livello internazionale. Il rischio infatti che da un momento all’altro la Sars o sue modificazioni potessero tornare a colpire avrebbe reso instabili le stime sul Paese, soprattutto sul piano economico. Tale possibilità avrebbe dimostrato una debolezza di Pechino, che fino a quel momento si era dimostrata intoccabile e forse unico vero vincitore dalla crisi economica del 2008. In questo scenario, dimostrare debolezza avrebbe potuto mandare a rotoli anni di sforzi portati avanti per dimostrarsi i veri dominatori degli scenari economici mondiali. La volontà di non pensare che la tragedia che la colpì nel 2003 potesse ripetersi ha forse svolto la restante parte del lavoro.