Sono giovani, capaci di intercettare le nuove sensibilità dei cittadini grazie ai social, e proiettati non solo verso il pieno di consensi, ma anche verso la possibilità di influenzare le agende dei singoli governi pur non essendo primi ministri. I leader dei partiti Verdi sparsi in giro per l’Europa fanno davvero sul serio, e dilagano ovunque, tranne che in Italia. Già dalle elezioni del 26 maggio 2019, quindi pre-pandemia, il volto del Parlamento europeo era stato totalmente stravolto dai risultati “green”, per molti versi inaspettati: dal 20,5% riscosso dai Grünen in Germania (che hanno ormai ampiamente superato persino i socialdemocratici), al 13,5% (in ascesa) dell’Europe Écologie Les Verts in Francia, fino al 10% dei Los Verdes Europeos spagnoli. Per non parlare dei paesi nordici, per cultura e tradizione vicini alle tematiche ambientali da decenni. I vari schieramenti Verdi, tra gli altri, toccano stabilmente il 15,4% in Belgio, oltre il 13% in Danimarca e addirittura il 16% in Finladia. E il Regno Unito (11%) è sempre più trainato dalle istanze portate avanti dalla vicina Irlanda (15%).

Francia: il balzo alle Europee

Il movimento ecologista aveva già ottenuto un ottimo risultato alle europee, conquistando il 13,47% (dall’8,95% del 2014), che gli ha permesso di diventare il terzo partito dietro il Ressemblement National di Marin Le Pen e la coalizione di Emmanuel Macron. Il segretario del partito è il quarantenne Julien Bayou, che attualmente ricopre l’incarico di consigliere regionale della regione parigina dell’Île-de-France. Ma i verdi sono riusciti a conquistare città molto importanti come Marsiglia, Lione, Bordeaux e Strasburgo. Lo stesso sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, è stato rieletto grazie a una campagna elettorale dai toni ampiamente “green” e sostenuto proprio dai Verdi. Il movimento ambientalista è a tutti gli effetti alternativo al macronismo. Anche se da sinistra. E il titolare dell’Eliseo, compresa la sensibilità ambientale dei cittadini e la voglia di transizione ecologica, ha provato a rilanciare promettendo investimenti pubblici da 15 miliardi per costruire una società più sostenibile una volta libera dal Covid.

Germania: obiettivo cancelleria

È sempre più probabile che l’eredità di Angela Merkel possa essere raccolta da una coalizione a trazione “green”. Uno schema già visto in alcuni länder tedeschi, alternativo alla CDU, e formato da Verdi, Liberali e socialdemocratici. È la cosiddetta “coalizione semaforo” per via dell’alternanza cromatica ma pure per il verde che dovrà campeggiare nella gestione delle risorse che risolleveranno la Germania dalla pandemia. Non è un caso che questa coalizione abbia trionfato nel Baden-Württemberg, la capitale dell’industria automobilistica tedesca (e quindi europea), con le sedi di Mercedes e Porsche. Il leader dei Grünen, a differenza dei suoi colleghi esteri, non è giovanissimo: è il 72enne Winfried Kretschmann, capace tuttavia di attrarre consensi anche al di fuori del proprio schieramento e di essere un interlocutore anche per i big dell’automotive. Ma il vero astro nascente della politica tedesca e di quella verde in particolare è Annalena Baerbock, 40enne co-presidente dei Grünen, una delle candidate principali a diventare cancelliera al posto della Merkel.

Austria: già al governo

In Austria i Verdi sono già a un passo dalla cancelleria, visto che il boom delle politiche 2019 (+10% rispetto alla tornata precedente, 12,4%) ha consentito al leader del movimento, il 60enne Werner Kogler, di diventare vice-cancelliere nel governo di Sebastian Kurz.

Svizzera: il doppio partito verde

Nella vicina Svizzera, lo scorso ottobre, i Verdi sono saliti al 13,3% ma hanno addirittura un omologo liberale, il partito “green” di destra che staziona intorno all’8%. La particolarità della narrazione del leader dei Verdi, la 59enne Regula Rytz, risiede oltre che nella classica lotta al fossile e ai materiali inquinanti, anche alla crociata contro le banche, un po’ il biglietto da visita della Svizzera a livello globale, accusate di inquinare 20 volte di più rispetto al resto della popolazione.

Irlanda: boom in soli 10 anni

Il mattatore degli ambientalisti Irish è Eamon Ryan, 57 anni, capace di guidare i Verdi alla conquista della città di Dublino e di proiettarsi vicini al 10% nazionale. Un miracolo compiuto in meno di 10 anni, quando il partito è stato a un passo dallo 0 assoluto. La strategia campanilistica con cui ha voluto trasformare Dublino in una capitale green mondiale è riuscita a mettere d’accordo persino i due grandi partiti rivali, Fine Gael e Fianna Fail, di stampo conservatrice ma “obbligate” a collaborare con i Verdi.

Finlandia: dei Verdi molto a sinistra

Patria verde se ce n’è una, la Finlandia può contare sul VIHR (Lega Verde) movimento al 16% nato dalle ceneri del disastro nucleare di Chernobyl e mai più uscito dalla scena politica. Il punto di forza è indubbiamente rappresentato dalla “terza via” tra socialismo e economia di mercato, entrambe ostracizzate. È un populismo “elevato”, che però ha una connotazione di sinistra chiarissima vista l’adesione di movimenti radicali rossi e ordofemministi. Il leader però è un uomo, il 63enne Pekka Haavisto.

Olanda: già colonna di sinistra

I GroenLinks (GL), i verdi olandesi, sono una colonna della sinistra, anche se Jesse Klaver, appena 34enne, è riuscito a conferire un volto “cool” e moderno alle classiche battaglie di apertura agli immigrati, redistribuzione della ricchezza e ovviamente azzeramento dei gas serra.

Belgio: il controllo della capitale

Pur se divisi tra fiamminghi e francofoni, i Verdi belgi sono tra i più influenti in Europa, sempre primo o secondo dal punto di vista elettorale in ognuno dei 19 comuni di Bruxelles. Uno dei leader più riconosciuti è la 45enne Zakia Khattabi.

Svezia: le difficoltà in casa di Greta Thunberg

È il paese di Greta Thunberg, quindi per forza di cose sensibile al tema ambientale. In Svezia i Verdi hanno appoggiato il socialdemocratico Stefan Löfven, ma dopo una lunga trattativa che ha permesso di influire sull’agenda politica. Alle europee i Verdi si sono fermati all’11%, ma come in tutti gli altri paesi nordici va considerato che l’ambiente è un tema ricorrente anche nelle narrazioni degli altri movimenti.

Italia: Verdi non pervenuti

Questa ondata verde sta ormai plasmando l’Europa e le visioni sull’ambiente caratterizzeranno la politica del prossimo decennio. Ma in Italia, ancora oggi, c’è un vuoto difficile da colmare. Se è vero che una larga parte dei fondi del Recovery Fund verranno destinati proprio all’ambiente, è altresì vero che nel nostro Paese un partito Verde credibile e autorevole non è mai riuscito ad attecchire, lasciando il tema in balìa un po’ della sinistra radicale, che l’ha trasformato in ideologia ambientalista, un po’ del Movimento 5 Stelle, che pur avendo sconfessato buona parte dell’agenza green della prima ora, si è fatto promotore del concetto di “transizione energetica”. La mancanza di leader credibili, ma soprattutto la “cultura del no”, non ha mai permesso ai Verdi di sfondare agli occhi di un elettorato moderato e pragmatico.

Sogna di riempire questo vuoto Fratelli d’Italia, uno dei primi partiti conservatori europei ad aver provato a stilare un’agenda green. Durante l’evento “Conservatorismo verde. Idee e progetti per una ecologia di destra”, il leader di FdI Giorgia Meloni, insieme all’on. Nicola Procaccini, a Francesco Giubilei di “Nazione Futura” e al conduttore tv Luca Sardella, ha spiegato: “Difendere la natura è un tema centrale per noi, inteso come difesa della patria, ma pure della propria casa. Perché il concetto di prossimità è quello che ci differenzia dall’ambientalismo ecologico della sinistra. Si tratta di un tema che a scanso di equivoci la destra italiana porta avanti da tempo, io sono cresciuta con gli insegnamenti di Paolo Colli, che ha fondato la prima associazione ambientalista di destra in Italia, Fare Verde. La sfida di cui vogliamo essere i portatori è quella di saper abbinare ambiente e crescita economica, per non scadere nella demagogia e per non costringere gli italiani a dover pagare un costo sociale elevato dalle ‘transizioni ecologiche’ forzate e irrealistiche”.

Dichiarazioni seguite dall’annuncio dell’on. Procaccini, responsabile del Dipartimento Ambiente di FdI: “Già prima dell’estate daremo vita a un grande evento di caratura nazionale e internazionale per parlare dei nostri punti programmatici nella tutela dell’ambiente insieme ad alcune delle figure più autorevoli in questo campo. Nella nostra intenzione dovrà essere un momento per cambiare il paradigma politico sul tema dell’ambiente, metterlo al centro e mutuarlo verso concetti antitetici al globalismo, come la difesa delle identità e il legame con il soffio divino”.

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