Il Parlamento europeo ha dato “semaforo verde” alla più organica e completa proposta in ambito climatico mai promossa in ambito comunitario. Con 442 voti favorevoli, 203 contrari e 51 astenuti l’emiciclo di Strasburgo ha promosso il complesso regolamento climatico che rende legalmente vincolante l’obbligo per i Paesi dell’Unione di tagliare del 55% le emissioni di Co2 e altri prodotti inquinanti entro il 2030 rispetto ai livelli base del 1990. La proposta è stata promossa sulla base delle linee guida che ha proposto il gruppo del Partito Popolare Europeo, in prima linea nel promuovere un’agenda realista relativamente alle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici.
L’europarlamentare di Forza Italia Massimiliano Salini ha accolto con soddisfazione il fatto che non siano state seguite le proposte più radicali di taglio che avrebbero portato a una fuoriuscita dal perimetro di realismo e fattibilità dell’agenda comunitaria. Il radicalismo, di fronte a necessità reali non paga: nel 1970 lo Statuto dei Lavoratori italiano, il più avanzato dell’Europa occidentale, fu approvato senza il voto del Partito Comunista Italiano, che dei lavoratori si dichiarava portavoce; oggi a Strasburgo si arriva al paradosso di vedere diversi Verdi astenersi per una differenza risicata rispetto alle loro pretese di taglio, che puntavano a portare al 60%. “Respingendo i tentativi di verdi e sinistra di introdurre target ancora più stringenti rispetto alla proposta della Commissione, target irraggiungibili che metterebbero a rischio imprese e posti dei lavoro, siamo rimasti sul terreno della concretezza senza rinunciare alla sfida della sostenibilità”, ha dichiarato soddisfatto Salini. Sulla proposta popolare il Partito Socialista Europeo non ha scartato e si è sostanzialmente compattato, tanto che il socialdemocratico svedese Jytte Guteland, relatore della proposta, ha definito quella odierna una “giornata storica” parlando con Reuters.
La “legge climatica” votata dall’Europarlamento aggiunge sostanza al complesso delle politiche europee per disegnare un futuro spazio comunitario in grado di tutelare la sostenibilità climatica e ambientale e favorire la transizione ecologica. Sostanzialmente, l’impegno sul taglio alle emissioni dà struttura e corpo agli altri due perni su cui l’Unione intende spingere per incentivare la transizione. Niente più avveniristici “Green New Deal”, ma pragmatismo e azioni reali: l’impegno al taglio segue la poderosa dotazione di risorse all’ambiente nel quadro di Next Generation Eu, che per il 37% i Paesi dovranno riservare proprio alla transizione, e la nascente proposta sui “dazi verdi”, il Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam), che mira a colpire con sanzioni commerciali i Paesi ritenuti intenti a “barare” sul tema del dumping ambientale.
Il Cbam agirà con l’obiettivo di prevenire la delocalizzazione delle imprese europee attraverso dazi su determinate importazioni nell’Unione, provenienti da Paesi meno ambiziosi dal punto di vista climatico. La sostanziale ratio di un regolamento di questo tipo è anche di natura geopolitica: si mira a dare strutturazione a un asse dei Paesi virtuosi sul fronte ambientale per spingere all’omologazione le regole di concorrenza e interscambio commerciale. Tutto questo avendo un rivale strategico in particolare nel mirino, la Cina. La Cbam è stata proposta dalla Commissione europea e contribuirà al gettito di Bruxelles come “risorsa propria” con cui l’Unione finanzierà il Recovery Fund e i progetti di transizione ecologica ad esso legati. Il 14 luglio sarà svelata dalla Commissione la strutturazione concreta di queste proposte, inizialmente previste per entrare in vigore al più tardi entro il 2025-2026. Ma il 21 giugno scorso, in un intervento in videoconferenza all’Europarlamento, il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha affermato che l’attuazione della proposta “sarà particolarmente importante dal 2030 in poi”, coincidendo di conseguenza con la conquista prevista da parte dei Paesi dell’Unione di uno status di leadership nella lotta ai cambiamenti climatici.
I tempi lunghi delle proposte cozzano forse con una narrazione allarmistica e continuamente reiterata sul problema ambientale che parla di imminenti apocalissi, rischi sistemici, poco tempo a disposizione. Ma hanno, come ricordato da Salini, il pregio del pragmatismo e del realismo. La tutela dell’ambiente passa per scelte ragionevoli che coniughino la difesa dei beni ecologici alla salvaguardia dell’economia, del lavoro, delle società. Unica via per un ecologismo che sia davvero al servizio dell’uomo.