È un decennio importante quello in cui ci siamo appena addentrati, con – quasi – tutti i Paesi dell’Europa intenti a mettere in campo misure favorevoli alla salvaguardia ambientale, passando soprattutto tramite la riconversione delle industrie, del settore dell’energia e dell’agricoltura. Entro il 2030, infatti, l’Europa si è impegnata per una graduale riduzione delle emissioni che dovrebbe giungere al taglio del 50% delle stesse, sino al loro azzeramento entro il prossimo 2050. Mentre però negli scorsi mesi l’argomento era stato limitato alle industrie, ai trasporti ed alla produzione di energia, lo scorso 20 maggio è stato esteso anche al settore agricolo, “imponendosi” l’obbligo di convertire almeno il 25% delle colture in biologiche entro il finire della decade in corso e di dimezzare l’utilizzo dei pesticidi. Progetti importanti e in linea con le attenzioni riservate all’ambiente a livello occidentale, tali procedure rischiano però di non partire con il piede corretto, come evidenziato dalla testata giornalistica francese Le Monde: l’Unione europea, infatti, non disporrebbe dei fondi necessari per gli incentivi ed il controllo della conversione ambientalista.
Mancano le necessarie coperture
Come sottolineato dalla stessa analisi, il punto cruciale che limiterebbe il progetto fortemente voluto dal crescente blocco verde dell’Europa sarebbero i fondi non sufficienti che sono stati destinati alla conversione, in una situazione in cui sarebbero necessari maggiori investimenti. In aggiunta, lo stesso si ripercuoterebbe sulla fase di controllo, inficiando anche sotto questo aspetto sulla buona riuscita del piano ambientale dell’Unione europea.
Per uscire da questa impasse, dunque, sarebbe necessario un maggiore sforzo da parte di tutti i Paesi nella costituzione di un fondo comune per l’incentivo ed il controllo; ipotesi però al momento non percorribile a causa della già ingente mole di spese causate dal passaggio della pandemia di Covid-19. E proprio in un momento in cui la nascita e l’impulso ai nuovi settori sarebbe fondamentale per una più celere ripartenza del sistema economico europeo, ecco che la questione relativa allo stanziamento dei fondi pubblici torna – purtroppo – ancora una volta ad essere rilevante.
Il progetto green è a rischio fallimento
Non è soltanto a causa della mancanza dei necessari stanziamenti europei che il mastodontico progetto europeo volto alla trasformazione dell’economia e dell’agricoltura rischia di fare un grande buco nell’acqua. Anche i grandi fondi d’investimento privati, infatti, sembrano essersi avvicinati con l’interesse speculativo che già troppe volte ha contribuito ad un boom destinato ad esaurirsi nell’arco di pochi anni, danneggiando piuttosto che creare del reale valore aggiunto. Ed in questo scenario, dunque, le premesse purtroppo per un drammatico ed ennesimo fallimento sono tutte in prima linea, con la necessità dunque che l’interesse comunitario si rivolga alla situazione con una maggiore attenzione.
Ad essere in pericolo è tutta l’economia
In una situazione delicata come quella che sta attraversando l’Unione europa in questo momento, per dare impulso all’economia l’apertura di nuovi segmenti di mercato è una delle soluzioni che storicamente hanno aiutato nella fase di contenimento della recessione: condizione che il Vecchio continente affronterà nei prossimi trimestri. Tuttavia, se la spinta fornita fosse inferiore al necessario – benché al tempo stesso su di essa vengano fondate le maggiori aspettative anche in termini di investimenti privati – il rischio è che la stagnazione del settore possa invece accrescere i danni causati dalla contrazione economica. In questo modo, l’intera Unione europea cadrebbe nel baratro della stagflazione, a causa dell’aumento dei prezzi per i più stringenti regolamenti, unito alla mancanza di crescita produttiva. E questa situazione, in ultima battuta, potrebbe essere la pietra tombale che condannerebbe l’Europa ad un ruolo secondario nelle logiche commerciali internazionali.