Nel primo episodio della trilogia di Matrix, nell’atto di tradire il proprio gruppo e consegnare Morpheus nelle mani dell’Agente Smith, l’informatico Cypher assapora una bistecca al sangue in un ristorante di lusso accuratamente disegnato dal sistema. La sua celebre battuta “l’ignoranza è un bene” risiede nella consapevolezza che la carne che sta gustando in realtà non sia carne, bensì il frutto di un impulso cerebrale stimolato da un software artificiale che lo aiuta a percepirla come tale, riproducendone odore, consistenza, sapore.

In un futuro non troppo lontano in molti vivremo esperienze derivate dal medesimo concetto: mangeremo carne in grado di darci solo la suggestione che lo sia. La maggior parte di questa, infatti, già nel 2040 non proverrà più da animali macellati, e oltre il 60% sarà coltivato in tini o sostituito da prodotti vegetali che hanno l’aspetto e il sapore della carne.
Un rapporto dedicato al tema, stilato dalla società di consulenza globale AT Kearney, traccia i contorni del pesante impatto ambientale della produzione di carne convenzionale e le preoccupazioni che l’opinione pubblica nutre per il benessere degli animali nell’ambito dell’allevamento industriale, per arrivare a quantificare in prospettiva qualcosa che di fatto è già realtà. Sebbene l’industria della carne convenzionale valga oltre 1000 miliardi di dollari l’anno, è responsabile di un elevata produzione di emissioni, della distruzione di habitat selvatici, e dell’inquinamento di fiumi e oceani. Non può essere più considerata, dunque, futuribile.

“L’industria zootecnica su larga scala è vista da molti come un male inutile”, dice il rapporto. “Con i vantaggi dei nuovi sostituti della carne vegana e della carne coltivata rispetto a quella prodotta in modo convenzionale, è solo questione di tempo prima che questi prodotti conquistino una quota di mercato sostanziale”.

Aziende come Beyond Meat, Impossible Foods e Just Foods che utilizzano ingredienti vegetali per creare hamburger sostitutivi, uova strapazzate e altri prodotti simili sono in rapida crescita. Beyond Meat in particolare, quotata in borsa a Wall Street, ha aumentato i ricavi del 215% dal momento della sua quotazione e il valore della singola azione è passato da 65 dollari a 151 dollari solo negli ultimi sei mesi. AT Kearney stima che 1 miliardo di dollari sia già stato investito in questi prodotti vegani, anche dalle aziende che dominano il mercato della carne convenzionale.

Altre imprese stanno lavorando alla coltivazione di cellule di carne in coltura, per produrre carne vera e propria senza dover allevare e uccidere gli animali. Nessun prodotto di questo tipo ha ancora raggiunto i consumatori, ma AT Kearney prevede che la carne coltivata dominerà il mercato nel lungo periodo poiché riprodurrebbe in modo più fedele il gusto e la sensazione di carne convenzionale rispetto alle alternative vegetali.

Il punto, in ogni caso, è che non si tratta nemmeno più di moda, di tutela degli animali, di preferenza per la dieta vegetariana, bensì di disponibilità di risorse. In un mondo che oggi consuma 250 milioni di tonnellate di carne (cinque volte quella del 1950), con una media di 80 chilogrammi pro capite l’anno, i ritmi di produzione sono diventati insostenibili. Gli animali usano circa il 40% della terra arabile globale e occupano due miliardi di ettari di pascolo, di cui circa 700 milioni potrebbero essere utilizzati per la coltivazione, dice la Fao. Consumano un terzo di tutti i cereali prodotti al mondo: ne servono tre chilogrammi, in media, per produrre un solo chilogrammo di carne, insieme a 15.500 litri d’acqua (nel caso dei bovini; 3.900 litri per un chilogrammo di carne avicola).

Con una popolazione mondiale di quasi 8 miliardi di persone e un benessere sempre più diffuso rispetto a secoli, ma persino decenni fa, il consumo di carne propriamente detta sta diventando un lusso.