Se c’è una persona accreditata presso l’opinione pubblica mondiale a ricevere il prossimo Nobel per la Pace quella è Greta Thunberg, l’attivista svedese di 16 anni che ha dato il via al movimento globale dei “FridaysForFuture” che lotta contro i cambiamenti climatici.I bookmaker londinesi hanno pochi dubbi al riguardo: è proprio lei la grande favorita sopra tutti i grandi leader mondiali: Angela Merkel, Donald Trump o papa Francesco hanno pochissime chance. Così, dopo esser stata già nominata donna dell’anno dai giornali svedesi e mentre si annuncia una laurea honoris causa presso l’università belga di Mons, presto il nome di Greta Thunberg potrebbe figurare accanto a quelli di Martin Luther King, Nelson Mandela, Willy Brandt, Madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu e il Dalai Lama. Oltre a Barack Obama ed Henry Kissinger.

I bookmaker di Ladbrokes, per esempio, in caso di vittoria, ad oggi offrono tre sterline su ogni sterlina spesa: in altre parole, danno Greta 1 a 3, una probabilità del 33%. Tra i “concorrenti” dell’attivista svedese qualche chance sembra averla la premier neozelandese Jacinda Ardern, che si ferma però al 17%. Seguono l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), all’11%, e Reporter senza frontiere, al 9%. Papa Francesco è staccato di diversi punti, visto che non va oltre il 6%. Altri bookmaker sono ancora netti: per Uniber le possibilità di Greta si aggirano al 44%, per Betway arriva al 50%. Nessuno sembra in grado di impensierire il primato di Greta Thunberg, sempre più vicina al Nobel.

Ecco chi ha candidato Greta Thunberg al Nobel

“Abbiamo proposto Greta Thunberg perché se non facciamo nulla per fermare il cambiamento climatico sarà la causa di guerre, conflitti e rifugiati”, ha dichiarato al Guardian il deputato socialista norvegese Freddy André Øvstegård. “Greta Thunberg ha lanciato un movimento di massa che considero un importante contributo alla pace”. “Sono onorata e molto grata per questa nomina”, ha replicato al tempo l’attivista su Twitter. Ci sono 301 candidati per il Premio Nobel per la Pace per il 2019, di cui 223 sono individui e 78 sono organizzazioni, scrive il comitato Nobel sul suo sito web.

Nonostante il sostegno di gran parte dell’opinione pubblica mondiale – soprattutto quella liberal e progressista – non a tutti entusiasma il fatto che Greta sia candidata a ricevere il prestigioso premio istituito dal testamento di Alfred Nobel del 1895 ed assegnato per la prima volta nel 1901. Come osserva Ella Whelan sulla versione online del magazine britannico Spiked, “la nomination al Nobel di Thunberg ha suscitato alcune critiche. Non a causa della sua età (dopotutto, Malala Yousafzai ha vinto il premio nel 2014), ma a causa della mancanza di risultati tangibili conseguiti”. Il fondatore dei premi Nobel, spiega, l’uomo d’affari svedese Alfred Nobel, ha lasciato nelle sue volontà le istruzioni secondo cui il Premio per la Pace dovrebbe essere assegnato a “colui che ha fatto il lavoro migliore per la fratellanza tra le nazioni e l’abolizione o riduzione degli eserciti permanenti” e la “formazione e la diffusione di congressi di pace”. Non è chiaro come Greta Thunberg soddisfi questi requisiti.

Infatti, come per Barack Obama – che ha ricevuto il premio sulla fiducia, ad appena un anno dall’insediamento alla Casa Bianca – il comitato sembra voler premiare il possibile messaggio più che i risultati concreti e le azioni. Ma l’ammirazione per la protesta di questa giovane svedese, scrive Ella Whelan, “trasmette anche un messaggio piuttosto preoccupante sull’autorità degli adulti. È strano che insegnanti, politici e genitori” tifino per dei ragazzini il cui motto è “sono troppo spaventato per andare a scuola”. Forse dovremmo dire piuttosto alle giovani generazioni di rimanere a scuola, studiare duramente e diffidare dagli slogan. Di qualsiasi tipo.

Un’operazione di marketing-politico

Dietro la favola green di Greta c’è sì probabilmente un sincero entusiasmo ma anche un intreccio di interessi politici e un’operazione di marketing-politico da manuale. L’attivista svedese è figlia di una cantante famosa, Malena Ernman, che nel 2009 partecipò anche all’Eurovision. E la mamma a distanza di soli quattro giorni dalla prima protesta della figliola  – 24 agosto 2018 – pubblica un libro intitolato Scenes from the Heart. Una coincidenza? Forse si tratta solo di malizia…

A Greta si affianca da subito Ingmar Rentzhog, esperto di marketing e pubblicità. È proprietario della startup We Do not Have Time. Il 24 novembre 2018, Ingmar ha inserito la stessa Greta nel board della società, salvo poi rimuoverla. Solo 3 giorni dopo, We Do not Have Time ha lanciato una campagna di crowdfunding che ha raccolto 2,8 milioni di euro. E non finisce qui, perché Rentzhog, Ceo della fortunata startup, è stato assunto come presidente del think tank Global Utmaning nel maggio del 2018, fondato da Kristina Persson, ex ministro socialdemocratico svedese dello sviluppo. Un think tank che ha il dichiarato obiettivo di sconfiggere i nazionalismi. “È frustrante essere accusati di usare il nome di Greta Thunberg”, ha dichiarato in un’intervista Ingmar Rentzhog, confermando tuttavia la proficua collaborazione con l’attivista. “Non l’abbiamo usata, l’abbiamo aiutata”. Se esistesse un Nobel per il marketing, quello certamente dovrebbe essere assegnato a Ingmar Rentzhog.

Perché l’ondata ecologista di Greta ha permesso alla sinistra europea di cavalcare i temi green rifacendosi po’ il look e di contenere l’ascesa dei nazionalismi. Un rebranding abile ed efficace.