E se la classe politica occidentale, ossessionata dai cambiamenti climatici e dal riscaldamento globale, stesse optando per delle soluzioni che non solo non risolveranno i problemi ambientali e climatici ma che risulteranno col tempo essere dannose e controproducenti? È ciò che spiega l’autorevole rivista americana the National Interest in un’analisi che sfata diversi luoghi comuni.

Partiamo dai dati. Come riporta l’Ansa, le emissioni di anidride carbonica degli Stati Uniti sono cresciute del 3,4% nel 2018, il maggiore aumento in otto anni, secondo le stime della società di ricerca Rhodium Group, riportate dal New York Times. L’aumento si è verificato nonostante la dismissione di un numero quasi record di centrali a carbone negli Stati Uniti lo scorso anno, ma il calo del consumo di carbone e’ stato compensato dalla crescita delle emissioni in altri settori dell’economia.

Nel frattempo, secondo un’analisi di Bloomberg New Energy Finance (Bnef), che ha esaminato 104 mercati emergenti, le nazioni in via di sviluppo si stanno muovendo verso fonti di energia più pulite, ma non abbastanza in fretta da limitare le emissioni di anidride carbonica o gli effetti dei cambiamenti climatici. I nuovi investimenti in progetti di energia eolica, solare e di altre energie pulite sono scesi a 133 miliardi di dollari nel 2018 dai 169 miliardi di dollari dell’anno precedente, principalmente a causa di un crollo degli investimenti cinesi, spiega la ricerca. Anche gli investimenti dell’India e del Brasile sono diminuiti, a causa dei minori costi per il solare e l’eolico. Tuttavia, il volume della produzione di energia elettrica a carbone prodotta e consumata nei Paesi in via di sviluppo ha raggiunto un nuovo record: 6.900 TWh contro i 6.400 TWh del 2017. L’aumento di 500 TWh è equivalente all’energia consumata nello stato americano del Texas in un anno. Il carbone rappresenta il 47% di tutta la produzione di energia nei 104 paesi. L’India – che conta oltre un miliardo di persone – ha confermato che il carbone rimarrà il suo pilastro energetico per i prossimi trent’anni.

La battaglia ideologica sulle rinnovabili (e contro il nucleare)

Negli Stati Uniti, scrive the National Interest, la sinistra vuole “decarbonizzare” gli Usa e sostituire i combustibili fossi con fonti rinnovabili. Tuttavia, sottolinea la rivista americana, “esistono solo due modi comprovati per ridurre le emissioni e fornire elettricità: costruire centrali a gas naturale e centrali nucleari”. Ma dove governano i democratici, da Berkeley, in California, a Brookline, nel Massachusetts, le amministrazioni comunali hanno votato mozioni persino contro il gas naturale. Figuriamoci il nucleare. Peccato che le esigenze energetiche del Massachusetts siano soddisfate soltanto al 50% e ora lo stato americano stia affrontando una grave carenza energetica a causa del divieto di costruire nuovi gasdotti. “Quello che stiamo vedendo – spiega the National Interest – è un problema del primo mondo ossessionato dal riscaldamento globale e dai cambiamenti climatici invece di occuparsi dei due miliardi di persone a livello globale senza elettricità”.

“I politici globali stanno causando più problemi che soluzioni abbracciando le energie rinnovabili e vietando i combustibili fossili. Il Green New Deal degli Stati Uniti e dell’Europa si basa su prove scientifiche errate che inducono leader ambientalisti come Michael Shellenberger a contestarne la fattibilità”.

Fonti rinnovabili, a quale prezzo?

La verità è che anche le cosiddette energie rinnovabili osannate dai “gretini” presentano serie criticità. Come spiega Bloomberg, le turbine eoliche possono essere prive di carbonio, ma non sono riciclabili. Una fotografia di una dozzina di gigantesche pale lasciate in una discarica del Wyoming, negli Usa, aveva avviato un dibattito sugli svantaggi ambientali dell’energia eolica. Le pale delle turbine in fibra di vetro – che in alcuni casi sono lunghe quanto un campo da calcio – non sono facili da riciclare. In generale, sostituire i combustibili fossili con pannelli solari, turbine eoliche e veicoli elettrici non consentirà all’occidente di ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni di Co2. Senza contare i problemi relativi ai blackout che si stanno riscontrando praticamente ovunque dove vi è un massiccio uso di fonti rinnovabili.

Slogan a parte, le rinnovabili non rappresentano una soluzione definitiva. Come riporta Econopoly, blog del Sole24Ore, l’Oxford Institute for Energy Studies (OIES) in un rapporto ha spiegato perché le sole energie rinnovabili non possono rappresentare l’unica soluzione. Nel 2018 il vento e il solare hanno prodotto 1.850 TWH (Terawatt all’ora). I loro tassi di crescita annua della capacità erano di circa 270 TWh all’anno: ci sarebbero voluti più di 180 anni per arrivare a 50mila TWh all’anno, equivalenti a circa il 50% del mercato energetico del 2050 (100.000 TWH / anno). Il rapporto dice che anche se il tasso di investimento triplicasse per le energie rinnovabili (a 1 trilione di dollari l’anno), ci vorranno ancora 55 anni perché l’energia eolica e solare raggiunga il 50% del mix energetico globale.

Senza contare i costi. Come spiega Econopoly, le energie rinnovabili sono intermittenti (è necessaria una capacità di backup) e le batterie hanno limiti di accumulo di energia. È necessario sovvenzionare, questo significa denaro dei contribuenti. Sempre a carico dei soliti.

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