Roberto Cingolani è uomo di pensiero e azione. Da scienziato, capisce il legame tra i cambi di paradigma a livello economico e la necessità di salti tecnologici arrivati a piena maturazione. Da persona avente nel bagaglio di esperienze un passato da capo della ricerca di un’azienda strategica come Leonardo comprende il valore dell’innovazione di frontiera come motore della crescita di un sistema-Paese e la natura complessa di un settore-chiave. Da ministro scelto da Mario Draghi per il dicastero dellaTransizione ecologica fortemente voluto dal Movimento Cinque Stelle come precondizione per il sostegno al suo governo ha coniugato queste dinamiche in una materia che appare trasversale a tutti i principali scenari economici, industriali e politici degli anni a venire. E rappresenta la sfida chiave da vincere per dare al futuro sviluppo del Paese un’impronta maggiormente sostenibile.
Cingolani archivia l’ambientalismo del no
Per una particolare eterogenesi dei fini il ministero fortemente voluto dai pentastellati ne nega le basi dell’ambientalismo di bandiera da loro a lungo propugnato. L’ambientalismo immobile, che castrava le trivellazioni di gas naturale e petrolio in Adriatico regalando i giacimenti a Croazia, Montenegro, Grecia, l’ambientalismo del “no” e della riverniciatura verde dei settori tradizionali è divenuto maggiormente assertivo, proattivo. Si è fatto ecologismo che non ha paura di affrontare la sfida chiave: coniugare progresso economico-sociale e miglioramento della qualità ambientale. Cingolani lo ha affermato in una recente intervista al Foglio: “Ambientalismo è crescita, è creazione di lavoro, è progresso”, ha affermato. L’ambientalismo necessita di una sana dose di pragmatismo e realismo e della capacità di guardare avanti.
Alla soppressione e al ridimensionamento del polo dell’acciaio Cingolani preferisce parlare di abbattimento dell’impatto ambientale e decarbonizzazione delle filiere con tecnologie quali l’elettrolisi dell’idrogeno; alla “guerra totale contro la plastica”, il cui eccesso di produzione viene definito “mostruoso”, Cingolani risponde dichiarandosi disposto, da ministro, a favorire la ricerca di nuove tecnologie capaci di sfruttare l’economia circolare e il recupero delle plastiche in circolazione. Parlando col quotidiano diretto da Claudio Cerasa l’ex direttore dell’Istituto italiano di tecnologia non ha paura a pronunciare la parola tabù per molti ambientalisti nostrani: nucleare. Non riferendosi all’esperienza storicamente terminata delle grandi centrali nucleari a fissione, ma della ricerca sul nucleare a fusione.
Altrove nel grande progetto “France Relance” del governo di Emmanuel Macron e nei nuovi piani di transizione ecologica del governo britannico di Boris Johnson, non a caso, il nucleare pulito gioca un ruolo centrale. E l’Italia è protagonista nel consorzio europeo Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor), che lavora nel centro di ricerca sulla fusione sito a Cadarache, vicino a Marsiglia, e a cui il nostro Paese contribuisce con un ruolo determinante attraverso diversi gruppi industriali (Fincantieri, Ansaldo Energia, Vitrociset,spin-off di Leonardo, Asg Superconductors) capaci di acquisire appalti dal valore di oltre un miliardo di euro e con il capitale tecnologico e scientifico dell’agenzia nazionale per l’energia, l’Enea di Roma. Mettere al servizio del sistema-Paese queste potenzialità scientifiche e tecnologiche per quello che definisce l’obiettivo di concretizzare un “sogno” e creare le condizioni politiche perchè ciò possa verificarsi è uno degli obiettivi di Cingolani, che nel frattempo ha proposto l’idea di realizzare mini-reattori da 300 MW simili a quelli che alimentano navi e sottomarini a propulsione nucleare per testare il peso che il nucleare potrebbe avere nella transizione futura.
Le prospettive della transizione ecologica sono dunque numerose e degne di nota, ma avere idee e la volontà di concretizzarle non basta. Cingolani ritiene necessario scoperchiare il principale vaso di Pandora, quello della burocrazia, per permettere un’accelerazione sulla transizione. Residente a Genova e notevolmente colpito dalla tragedia del Ponte Morandi del 2018 Cingolani fa spesso riferimento alla decisione emergenziale di accelerare sulla ricostruzione dopo l’incidente come modello per le tipologie di opere di cui il suo super-ministero si dovrà occupare. E propone una vera e propria rivoluzione in grado di semplificare il lavoro a enti pubblici e imprese: “Non sono a favore di una deregulation spietata ma dobbiamo chiederci come sia possibile che vi siano alcune procedure per ottenere i permessi che durino anche 1.200 giorni”, si interroga, aggiungendo che le “perdite di tempo” non possono più essere accettate.
La sfida ambientale nel Recovery Plan
Nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza che ancorerà l’Italia al Recovery Fund i progetti verdi hanno il 40% del totale della somma tra fondi comunitari e fondo complementare, per complessivi 68,6 miliardi di euro. Dei quasi 60 miliardi inseriti nel quadro dei finanziamenti di Next Generation Eu circa 5 miliardi saranno dedicati ad agricoltura ed economia circolare, 15 alla tutela dei territori e delle risorse idriche, 15 all’efficienza energetica degli edifici e quasi 24 alla transizione energetica e alla mobilità sostenibile. Cingolani e il suo team hanno inserito progetti per realizzare smart grid per unire sviluppo tecnologico e sostenibilità, una filiera dell’idrogeno come nuova fonte di transizione verso fonti meno impattanti, infrastrutture idriche innovative, incentivi all’efficienza energetica. Il Superbonus sarà rifinanziato e rafforzato e si punterà a incentivare la crescita della quota di energia prodotta da rinnovabili nei prossimi dieci anni fino a oltre il 70% del fabbisogno nazionale.
Tutte queste politiche – chiaramente – richiederanno la possibilità per imprese e attori pubblici di avere tempi certi e garanzie sul ritorno degli investimenti; in ballo c’è la possibilità di dare una svolta alla sostenibilità dell’economia nazionale senza pregiudicarne la competitività e, anzi, di posizionare l’Italia su più alti livelli delle catene del valore del futuro rendendo l’efficienza energetica un driver ed evitando che un ambientalismo eccessivamente manicheo finisca per fornire assist ad altri Paesi. L’ecologia deve pensare a rendere il mondo un posto migliore e a tutelare l’ambiente avendo l’uomo come fine e il progresso come meta, altrimenti rischia di perdere il suo obiettivo di fondo. Si tutela l’ambiente perché l’uomo possa mantenere al suo interno una qualità di vita migliore e uno sviluppo integrale sul fronte personale e sociale. Il metodo Cingolani, che mira a indicare che non esiste contraddizione tra transizione ecologica e sviluppo, è un punto di riferimento innovativo che può e deve cambiare la percezione della questione ambientalista in Italia.