Stando a quanto riportato da un’inchiesta portata avanti dalla testata giornalistica britannica The Guardianle guardie ambientali della Repubblica del Congo finanziate dal Wwf per oltre 21 milioni di dollari avrebbero ripetutamente perpetrato violenze ed abusi sulle popolazioni indigene delle foreste. In particolar modo, la regione pluviale ospita la tribù dei Pigmei Baka, ancora fortemente attaccati alle proprie tradizioni e stanziati nelle grandi foreste del Paese.

Le accuse sono già note dal 2018 anche alle Nazioni unite che hanno già intimato in passato alle organizzazioni impegnate nella salvaguardia dell’ambiente di alterare il proprio comportamento. Tuttavia, nell’ultimo anno la situazione non è assolutamente migliorata, secondo quanto riportato dalle fonti vicine alla tribù della zona. In uno dei resoconti firmato dagli abitanti di un villaggio, le forze ambientaliste avrebbero usato la violenza fisica nei confronti i coloro che in cerca di cibo si sono addentrati dentro alla foresta, arrivando sino a bruciare gli accampamenti ed i vivere della popolazione indigena.

In un altro resoconto, si comprende invece come dalla violenza si sia passati anche all’umiliazione persone, con le donne costrette a spogliarsi e “andare in giro nude come bambine” prima di subire ripetute violenze sessuali dalle forze ambientaliste. Tuttavia, nonostante i resoconti e nonostante gli avvisi da parte dell’Onu, la situazione non è ancora migliorato, portando alla decimazione della popolazione locale a causa della fame, della mancanza di medicine e delle violenze fisiche subite.

Secondo quanto riferito dagli indigeni, nei villaggi mancherebbero le più essenziali medicine e le scorte di vivande sarebbero costantemente messe in pericolo dal passaggio delle guardie ambientali, a causa della loro confisca o, in altri casi, della loro distruzione. Con la situazione che si protrae ormai da troppi anni, la popolazione pigmea Baka è ormai giunta allo stremo, perdendo la speranza anche nelle forze governative nazionali e nelle istituzioni internazionali.

Oltre alle denunce per le violenze subite in pubblico, un’altra pratica sta decimando gli indigeni del Congo-Brazzaville: l’arresto indiscriminato di coloro che non rispettano le volontà delle guardie ambientali di non addentrarsi nella foresta (divieto impossibile da rispettare per una popolazione di cacciatori-raccoglitori). Nella carceri improvvisate avrebbero trovato la morte per le ferite subite a seguito delle percosse decine di persone, indiscriminatamente che fossero uomini, donne o bambini, arrecando gravi danni alla solidità delle comunità.

Secondo quanto riferito da una donna della tribù Baka, la prima conseguenza è ben visibile nella struttura del proprio villaggio ed è data dalla quasi totale assenza di bambini a causa della decimazione della popolazione adulta in età fertile e della fame che porta ad un’alta percentuale di mortalità infantile.

Il Wwf, che finanzia i gruppi incaricati di salvaguardare i territori soprattutto dalle pratiche di disboscamento abusivo e di bracconaggio, ha sempre chiuso un’occhio sui maltrattamenti alla popolazione indigena; prediligendo la salvaguardia dell’ambiente. Tuttavia, le stesse tradizioni delle culture umane che vivono nel luogo dovrebbero essere considerate patrimonio naturale, cui rispetto deve andare di pari passo a quello della natura; considerando soprattutto l’estrema simbiosi con cui le tribù locali (a differenza delle guardie ambientali, a titolo di esempio) vivono con l’ambiente che li circonda. Ed in questo scenario, una grande macchia di colpa per negligenza ricade anche sulla Onlus internazionale, assai rispettata quando si tratta della salvaguardia della fauna ma troppo permissiva quando si tratta di salvaguardare le culture umane indigene.

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