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Mentre gli occhi erano e sono puntati sulla foresta amazzonica, in Asia si sta consumando una altrettanto gravissima crisi ambientale. Tutto parte dagli incendi che stanno divorando l’Indonesia, causati per lo più dalle scellerate pratiche degli agricoltori locali, intenzionati a raccimolare più spazio sul quale estendere le loro colture a discapito di parchi e riserve naturali. Lo Stato indonesiano dista poco meno di 2mila chilometri dalla Malesia, ed è qui che si è diffusa una vera e propria emergenza sanitaria. I venti hanno portato a Kuala Lumpur e dintorni una nube tossica che ha oscurato il brillante skyline e obbligato le autorità ad attuare un piano di emergenza. Secondo quanto riportato dalla Cnn, che cita l’agenzia stampa statale Bernama, giovedì scorso sono state distribuite 2 milioni di mascherine agli studenti delle aree più colpite dalla coltre di smog. Oltre 500 mila maschere hanno preso la via di Sarawak, nella Malesia occidentale, dove la qualità dell’aria ha raggiunto il picco di 273 microgrammi di polveri sottili per metro cubi di aria. Un livello definito “molto dannoso” dallo stesso ministero dell’Ambiente malese. Anche perché i valori compresi tra 101 e 200 sono considerati malsani, quelli da 201 a 300 molto dannosi mentre oltre i 300 si parla di vero e proprio pericolo.

Superato ogni livello di guardia

Gli incendi boschivi di Kalimantan, Indonesia, hanno letteralmente ricoperto i cieli del sud-est asiatico di sostanze tossiche, tali da compromettere la qualità dell’aria. Nello Stato indonesiano sono andati in fumo almeno 800 mila acri di terra ma il dramma ha colpito di riflesso anche le limitrofe Singapore e appunto Malesia. Kuala Lumpur sta soffocando sotto una foschia tossica. Le famose torri Petronas, una delle principali attrazioni della capitale malese, in questi giorni hanno un flebile contorno sfocato e sono, come gli altri palazzi, inghiottite dallo smog. La scorsa settimana qui si respirava l’aria più inquinata del pianeta e, tutt’ora, molte scuole sono chiuse e numerosi voli cancellati. C’è un dato che spaventa i cittadini: secondo gli scienziati, qualora una condizione del genere dovesse continuare per molto altro tempo ancora, potrebbero esserci 36mila decessi prematuri all’anno in Indonesia, Malesia e Singapore, il nuovo triangolo della morte.

Una situazione complicata

A causa del clima secco le autorità temono che lo stato di crisi possa prolungarsi fino a ottobre, provocando ulteriori danni. Anche all’economia, visto che l’inquinamento potrebbe far diminuire il numero di turisti nella regione. Il viceministro del turismo malese non ritiene che il turismo sia in pericolo, in quanto non tutte le zone del paese sarebbero state raggiunte dalla foschia. Eppure almeno cinque voli sono stati cancellati o dirottati nel giro di pochi giorni a causa della scarsa visibilità; una manovra, questa, che ha interessato oltre mille passeggeri. In ogni caso la Malesia può fare ben poco visto che la radice dell’inquinamento è l’Indonesia. Quando i numerosi incendi indonesiani saranno domani, allora i venti soffieranno via la nube tossica che ha avvolto Kuala Lumpur. Certo, un po’ di aiuto concreto da parte dei paesi occidentali, così desiderosi di scendere in campo in nome dell’ambiente, non farebbe affatto male. Anzi, aiuterebbe i cittadini malesi a tirare un sospiro di sollievo.

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