Un anno fa, il crollo della diga che conteneva il bacino di raccolta dei rifiuti di una miniera della compagnia Vale nella cittadina di Brumadinho in Brasile travolse e uccise 270 persone. Le violente immagini di alberi e costruzioni travolte dalla marea di fango e detriti hanno lasciato senza parole il mondo intero. 

Il 21 di gennaio di quest’anno, pochi giorni prima dell’anniversario della tragedia, il pubblico ministero locale ha finalmente formalizzato le accuse contro la compagnia: i vertici di Vale e dell’azienda tedesca Tüv Süd, che aveva certificato la sicurezza dell’impianto, sono accusati di omicidio e crimini ambientali. 16 persone rischiano così una condanna ad almeno 12 anni di carcere. Tra loro, anche l’ex amministratore delegato di Vale, Fabio Schvartsman.

Sulla base di una inchiesta durata quasi un anno, le autorità si sono infatti convinte che la diga presentasse rischi strutturali fin dal 2017 e che la dirigenza di entrambe le compagnie ne fosse “pienamente cosciente”, secondo quanto riporta il quotidiano La Folha de Sao Paulo.

Uno dei procuratori, William Garcia Pinto Coelho, ha addirittura definito l’atteggiamento delle due imprese come una vera e propria “dittatura corporativa.” 

Secondo Coelho, Vale avrebbe volutamente occultato informazioni fondamentali per la pubblica sicurezza, come i risultati dell’indagine del gruppo di specialisti indipendenti che a giugno del 2018 aveva definito la situazione inaccettabile.

Per il Wall Street Journal, la multinazionale avrebbe smesso di riversare i detriti nel bacino di Brumadinho a partire dal 2016 e stava programmando di smantellare la diga. Ma una evacuazione immediata avrebbe potuto generare sfiducia negli investitori, mettendo in dubbio la sicurezza di altre strutture della compagnia. Di conseguenza i responsabili avrebbero preferito scommettere sul fatto che la diga potesse reggere ancora un po’.

La storia si ripete

Schvartsman era arrivato alla guida del gruppo nel 2017 proprio dopo un’altra tragedia simile, quella di Mariana, in cui tre anni prima persero la vita 19 persone a causa del cedimento di un bacino di decantazione. La sua nomina venne paradossalmente accompagnata dalla promessa che il disastro non si sarebbe mai più ripetuto.

Cinque settimane dopo il crollo di Brumadinho, sotto la pressione delle autorità, Schvartsman è stato temporaneamente sospeso dall’incarico.

“La denuncia non presenta nessun indizio né documento secondo cui il presidente sarebbe stato a conoscenza di un problema alla diga,” ha dichiarato a la Folha il suo avvocato, Pierpaolo Cruz Bottini.

Una nota rilasciata dai difensori di Tüv Süd sosterrebbe invece che la denuncia del pubblico ministero “contiene gravi mancanze e interpreta erroneamente la documentazione tecnica che fu prodotta,” aggiungendo che “l’accusa di omicidio doloso, quindi con l’intenzione di uccidere, è pura propaganda.”

Anche nel caso di Mariana i pubblici ministeri tentarono di imputare agli alti dirigenti l’omicidio, ma il dibattito processuale ha successivamente indebolito le pene richieste. Come ricorda Bloomberg, è raro che i top manager vengano ritenuti colpevoli di un simile reato a causa delle conseguenze delle strategie aziendali. Dal caso del Bhopal in India nel 1984, quando una fuoriuscita di gas uccise migliaia di persone, fino alla sentenza di omicidio colposo per i dirigenti della della ThyssenKrupp di Torino, finora le eccezioni sono state più uniche che rare.

Le conseguenze per l’industria mineraria globale

Vale non è però una semplice compagnia mineraria, ma la prima multinazionale al mondo nell’estrazione di minerali ferrosi, la principale componente utilizzata per produrre l’acciaio, e il 45% della sua produzione proveniva dallo stato di Minas Gerais.

A seguito della tragedia del 25 di gennaio, il Brasile ha vietato la costruzione di dighe dello stesso tipo di quelle di Brumadinho e di Mariana e ha dato tempo fino al 2027 alle compagnie minerarie per smantellare quelle già esistenti.

Secondo l’Agenzia Nazionale delle Miniere, in tutto il Brasile ci sono 46 dighe con elevata probabilità di crollo. Vale ha quindi sospeso l’estrazione di minerali in alcune altre sue strutture considerate parzialmente a rischio, come quella in località Brucutu. 

L’improvvisa chiusura delle miniere e il conseguente crollo della produzione hanno però avuto un impatto controverso sul mercato globale, mandando il prezzo del ferro sulle montagne russe. Il Financial Times ha stimato che nel 2019 sarebbe aumentato del 30%.

Dopo il crollo della diga, i titoli di Vale avevano perso circa un quarto del proprio valore. Eppure, la compagnia ha poi paradossalmente beneficiato finanziariamente dalla scarsità di materiale presente sul mercato, e oggi il valore delle sue azioni alla borsa di Sao Paulo ha già recuperato, secondo quanto riportato da Bloomberg

Per il Financial Times, la sostenuta domanda dei produttori cinesi e il ridotto approvvigionamento hanno poi garantito un anno di profitti stellari anche a gruppi concorrenti come gli anglo-australiani Rio Tinto e Bhp.

In futuro, molto dipenderà dalla capacità di Vale di mantenere le promesse di produzione per il 2020. Nel frattempo, un giudice dovrà decidere se accettare o meno le pene richieste dai pubblici ministeri prima che cominci il processo vero e proprio. Esperti legali interpellati dal Wall Street Journal si aspettano che il caso si trascini per anni, dato che le parti in causa si difenderanno in tutti i possibili livelli del sistema giudiziario brasiliano.

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