Daniele Cagnazzo andrà fin sulle Himalaya per realizzare un reportage sui cambiamenti climatici. È lui, infatti, uno dei vincitori del finanziamento, al termine del corso di fotogiornalismo organizzato da ilGiornale.it e InsideOver e tenuto da Marco Gualazzini. Daniele è originario di Patù, un piccolo paese del Salento, dove è tornato da circa un anno, dopo essere stato “un vagabondo in giro per il mondo”.
Perché hai deciso di frequentare l’Academy?
Perché credo che in ambito fotografico e creativo il confronto sia alla base di tutto. Quindi, far parte di una academy e confrontarmi con persone che seguono il mio stesso tema è utile per fare autocritica e per poter andare avanti”.
Alla fine del corso hai vinto il finanziamento per un reportage.
Di cosa si tratta?
Il finanziamento andrà a coprire le spese del progetto legato ai cambiamenti climatici e alla migrazione della popolazione dei villaggi del Mustang, nell’Himalaya nepalese. Si tratta di un progetto che segue l’evoluzione legata all’ambiente e le conseguenze che i cambiamenti climatici causano alle popolazioni locali.
Perché proprio il Mustang?
Perché era un regno che fino al 1992 era chiuso all’esterno: viveva della sua economia e aveva un microclima che permetteva la coltivazione delle mele, che venivano esportate in tutto il Nepal e quindi c’era un ritorno. Adesso, lì le conseguenze dei cambiamenti climatici possono essere toccate con mano, perché molte persone che prima vivevano di questa economia ora non lo possono più fare, dato che mancano le condizioni. Così le persone sono costrette a spostarsi. Il mio progetto si baserà su questo, ma vedrà anche un tocco di italianità.
In che senso?
C’è una fondazione italiana, promossa da Kasia Smutniak, che ha investito all’interno della Regione e ha costruito una scuola per dare sostegno alle persone che vivono in questi villaggi montani.
Qual è, invece, il lavoro che hai presentato oggi?
Si intitola AfterLife. È un reportage che parla di integrazione e spopolamento dei piccoli borghi di Italia, in particolare nel Salento, una terra di sbarchi e accoglienza. I dati mostrano che i piccoli borghi si spopolano, perché le persone del posto emigrano ma, dall’altro lato, ho trovato che persone che arrivano in Italia da una situazione di disperazione e che hanno trovato una nuova dimensione in questi piccoli borghi al Sud. È un racconto positivo, perché queste persone possono essere risorse per il territorio e si integrano all’interno del tessuto.
Cosa ti è rimasto dall’Academy?
La cosa più bella è stata poter incontrare persone che fanno questo lavoro da anni, perché mi ha dato la possibilità di avere un confronto diretto. Aver fatto parte di questo progetto ed essere entrato nella redazione mi ha dato la possibilità di toccare con mano anche le esigenze del mercato in questo ambito e confrontarmi con altre persone.