Giulia Tornari è direttrice dell’Agenzia Contrasto, una realtà unica nel mondo dell’immagine che, dal 1986, costituisce un punto di riferimento per la fotografia di qualità. Nel 2011 ha fondato Zona, associazione che sviluppa progetti documentari dedicati ai nuovi linguaggi della fotografia, del video e del giornalismo.
Lavori a Contrasto dal 2005 e ora ne sei la direttrice. Cosa puoi dirci sul ruolo delle agenzie fotografiche oggi? Come e perché si entra a farne parte?
In questi anni ci sono stati grandi cambiamenti nel mondo della fotografia e si sono aperte nuove opportunità per le agenzie fotografiche, nate per gestire e distribuire le produzioni dei fotografi nel mercato dei media mainstream. Oggi stanno cercando una via per rigenerarsi, accogliere le sfide che arrivano dalle nuove tecnologie e aprirsi alle possibilità che da esse vengono generate: la gestione di archivi digitali sempre più efficienti e complessi, la presenza sui social, la produzione e la distribuzione di contenuti originali, l’interazione con mercati diversificati (non solo l’editoria ma anche le aziende, le istituzioni, le ONG). Per un fotografo entrare a Contrasto significa avere dei professionisti che lo seguono nella costruzione della sua carriera e – più nello specifico – lo aiutano nello sviluppo dei progetti personali per la partecipazione ai premi e alla realizzazione di libri e di mostre; lo affiancano nella presentazione dei suoi lavori all’editoria nazionale e internazionale, gli offrono la possibilità di lavorare in assignment per pubblicazioni editoriali, ma anche per corporate aziendali. Inoltre, la sua produzione fotografica confluisce in un database con oltre dodici milioni di fotografie, accessibile da 118 paesi al mondo.
Quali sono i temi di maggior interesse nel panorama fotogiornalistico oggi? C’è qualche tema che non trova spazio o al contrario alcuni iper rappresentati?
Non credo che oggi ci sia una questione di temi ma piuttosto di modalità di costruire le progettualità e la loro sostenibilità. Il mercato chiede continuamente servizi fotografici inediti, ma non è disposto a investire per la loro produzione. Bisognerebbe cambiare questa modalità e iniziare ad investire nella produzione di servizi fotogiornalistici realizzati da fotografi in collaborazione con giornalisti, come succede all’estero. Magari con un numero di produzioni limitate ma di qualità che sicuramente rafforzerebbero il legame tra testata e lettore.
Ai fotogiornalisti oggi spesso si chiede di essere anche videomaker. Che rapporto esiste tra fotografia e video? E che ruolo ha l’agenzia in questo ambito?
Credo che la scelta sia soprattutto del fotografo, che in alcuni casi ha voglia di sperimentare nuovi linguaggi grazie al supporto che offrono oggi le macchine fotografiche digitali. Noi al momento non abbiamo un mercato legato al video.
Esiste qualcosa che accomuna i grandi fotogiornalisti con cui hai lavorato?
Non è facile rispondere perché ogni fotografo ha una sua individualità. Sicuramente ci sono alcune caratteristiche comuni, come la passione per la fotografia, l’ambizione di emergere e una totale dedizione al proprio lavoro.
Tu sei attiva anche nella formazione, cosa cerchi di trasmettere agli esordienti?
Oltre alla passione per la fotografia, che penso debba essere costantemente nutrita con lo studio e la conoscenza, cerco il più possibile di inquadrare il mondo professionale delle agenzie fotografiche e dei fotografi che collaborano con esse per dare agli studenti degli elementi di valutazione su come funziona la realtà professionale in cui ci muoviamo.