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Nata a Roma nel 1964, Renata Ferri è una giornalista, attualmente caporedattore photoeditor di Io Donna, il femminile de Il Corriere della Sera, e di Amica, il mensile di Res Mediagroup. In passato ha diretto la produzione fotografica di Contrasto, casa editrice di assoluto rilievo nell’ambito della fotografia. Da sempre si dedica all’insegnamento e cura progetti editoriali ed espositivi di collettivi ed autori indipendenti.

Il fotogiornalismo racconta storie anche molto complesse. Quanto una foto deve parlare da sola e quanto invece ha bisogno di una spiegazione?

Una fotografia non parla mai da sola. Se lo fa, corre seriamente il rischio di essere fraintesa.

In un mondo dominato dalle immagini e dove chiunque sembra improvvisarsi fotografo, che ruolo ha il photo editor oggi?

Ha un ruolo fondamentale – lo stesso di un montatore nel cinema, un editor nella narrativa – seleziona, sceglie e ricostruisce una narrazione.

Da sempre, ti occupi anche di formazione. Quanto è importante per te rispetto alla creazione di una professionalità? E su che temi in particolare pensi ci si debba concentrare?

La formazione è indispensabile e bisogna riportarla nelle sedi preposte: università e scuole specialistiche evitando i facili diplomi e il proliferare di scuole improvvisate. Se così fosse, avremmo meno improvvisati e più professionisti e autori capaci.

Hai fatto parte di diverse giurie di concorsi fotografici molto prestigiosi tra cui anche il World press photo (Wpp). Cosa si tende a premiare in una fotografia?

I concorsi come il Wpp che ha citato sono piuttosto generalisti vista la quantità d’immagini: si visionano circa 13mila fotografie al giorno e il rischio della casualità nell’assegnazione del premio è molto alto. In passato vincevano spesso i lavori pubblicati sui giornali. Ora che i giornali tradizionali hanno perso la loro funzione di essere punto di riferimento dell’informazione di penna e d’immagine, cambieranno – lo stanno già facendo – anche i concorsi. Ce ne sono tanti e di vari tipi: alcuni di massa e per la massa, altri di nicchia ma molto importanti per sostenere la fotografia.

Perché abbiamo bisogno di bravi fotogiornalisti oggi?

Perché abbiamo sempre più bisogno di sapere e oggi più che mai, grazie o per colpa dei devices, le immagini sono un linguaggio di conoscenza di cui non possiamo fare a meno.

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