Otello Lupacchini, ex magistrato e giudice istruttore, è stato ospite del Corso di giornalismo d’inchiesta della Newsroom Academy il 5 novembre. Fu lui a dare l’ordine per la “Operazione Colosseo”, che nella notte del 16 aprile 1993 portò all’arresto di circa 60 membri della Banda della Magliana, sancendo la fine dell’attività dell’organizzazione criminale. Durante la sua attività lavorativa, tra i tanti casi affrontati, si è occupato dei Nuclei Armati Rivoluzionari, dell’uccisione del giudice Amato da parte di quest’ultimi nel 1980 e della morte del banchiere Roberto Calvi nel 1982.

I corsisti della Newsroom Academy sono stati suddivisi in sette gruppi, ognuno dei quali sta sviluppando un’inchiesta: “Feste private” composta da Sofia Fossati, Edoardo Mario Francese e Guglielmo Calvi; “Svaniti nel nulla” di cui fanno parte Martha Conterno, Claudio Monzio Compagnoni e Giulia Narisano, quest’ultima tra i vincitori del Corso di giornalismo di reportage della Newsroom Academy; “Disservizio Capitale” a cui lavorano Domenico Ricci, Mirko D’Antuono e Nicola Piccenna; “Furbetti del reddito” con Micaela Montaldo, Angelo Melchionna e Alessandro Di Luzio; “Malagiustizia” con Antonio Del Furbo, Flavio Ciccione e Alessandro Conterno; “Predatori Online”, con Giulio Vescovi, Manuele Avilloni e Isabel Demetz, anche quest’ultimi due appartenenti ai vincitori del Corso di giornalismo di reportage; e “La sfida alla globalizzazione dell’industria radiotelevisiva italiana” di Davide Zappa.

Ogni gruppo ha avuto la possibilità di porre una domanda a Lupacchini, potendo così realizzare un’intervista a una delle persone che ha maggiormente segnato la storia giudiziaria italiana.

Predatori Online – Tenendo conto delle origini della Banda della Magliana, un insieme di batterie di ladri, risulta sorprendente il potere che hanno raggiunto entro poco tempo. Si potrebbe ipotizzare che fossero “aiutati” da qualcuno proveniente dai poteri alti di allora?

Una banda di ladruncoli, che compare su una scena criminale come quella romana, in cui c’erano già moltissime organizzazioni criminali, indubbiamente non potevano diventare quello che sono diventati, appropriandosi del crimine organizzato a Roma e ponendosi in una situazione di monopolio, senza che ci fosse qualcuno che li signoreggiasse e dei quali essi erano funzionari.

La banda compare in una serie di vicende tali da far presumere che c’era qualcuno che si avvantaggiava consapevolmente di ciò che la banda faceva, che era in grado di orientare l’attività della banda e che doveva avere dei rapporti diretti, o indiretti, con qualcuno all’interno della stessa.

Furbetti del Reddito – Attualmente si sta discutendo dell’ergastolo ostativo, del regime di 4-bis e del fatto che non si possono combattere gli eventi criminali attuali con norme create 30 anni fa, anche se ispirate da Giovanni Falcone. Lei cosa ne pensa?

Esiste una costituzione che stabilisce che la pena ha una funzione rieducativa. Se io escludo che per determinati reati non potrà esserci mai rieducazione, che quindi aver commesso quel reato diventa ostativo alla rieducazione stessa, evidentemente violo la costituzione. Lo stesso dicasi se c’è automaticità tra chi abbia ammesso le proprie colpe e abbia dato un apporto alla ricostruzione di un reato, quindi la collaborazione, perché violo altre norme della costituzione. Non è consentita l’automaticità tra la collaborazione e i benefici penitenziari e inoltre non è consentito presumere che il condannato non sia rieducato semplicemente perché non collabora.

Malagiustizia – Quali sono i rischi legati alla copertura mediatica delle vicende processuali?

Noi viviamo nella società della comunicazione. L’attività del giornalista che si integra con l’attività del giudice in un rapporto di osmosi, tra l’uno e l’altro sapere, finisce per creare delle mitologie. La banda della Magliana è un caso esemplare di questo processo di mitizzazione.

Disservizio Capitale – Qual è il confine tra l’attività dell’inquirente e la professione del giornalista?

Si tratta di una questione di estrema delicatezza: le verità che vengono chiamati ad accertare gli inquirenti e quelle a cui può pervenire il giornalista sono diverse in funzione del diverso materiale utilizzabile dagli uni e dagli altri. La verità giudiziaria è programmaticamente tesa a divaricarsi rispetto a quella che viene chiamata verità deontologica. In teoria tra giornalista e giudice non ci devono dunque essere sovrapposizioni, perché gli spettri probatori sono diversi, in quanto quello del giornalista è più ampio. In pratica spesso l’attività del giornalismo d’inchiesta si appiattisce però su una ricostruzione giudiziaria, per il timore della querela.

Svaniti nel nulla – C’è stato un cambiamento all’interno della banda della loro idea di potere?

Quello che colpisce è la spaccatura che si era verificata nella banda della Magliana tra coloro che restarono fedeli all’idea originale e quelli che assunsero una posizione divaricata molto più vicina ai centri di potere, cioè tra la vecchia Magliana e i cosiddetti Testaccini. È un fenomeno simile anche a Cosa nostra in Sicilia, dove si vedono contrapposti la vecchia mafia facente capo a Stefano Bontade e la nuova mafia facente capo a Totò Riina.

Feste private – Visto il ruolo cruciale della collaborazione Abbatino nello smantellamento della Banda, quanto è fondamentale la confessione dei pentiti per operazioni simili?

Qui il problema non è se e quale efficienza causale abbia avuto la confessione, ma il problema è come le dichiarazioni vengono assunte, verificate e controllate e come avviene l’attribuzione di credibilità alle confessioni stesse. È mia convinzione che il pentito è una fonte narrativa che dev’essere sottoposta ad una serie di verifiche in forza delle quali si può dire se sia credibile o no. Questo naturalmente chiama in causa non tanto il collaboratore e le sue dichiarazioni, ma chi assume le dichiarazioni e il tipo di verifiche che su queste dichiarazioni conduce. Ci si può attenere a un rapporto di fiducia interpersonale, oppure vado a verificare quello che dice attraverso tutti gli strumenti a mia disposizione in quel momento.

La sfida alla globalizzazione dell’industria radiotelevisiva italiana – Dopo tutto quello che Lei ha visto, la fiducia con la quale ha iniziato questo lavoro, le è passata?

Diciamo che, come cittadino e come magistrato, indubbiamente ho subito una grande delusione vedendo lo stato miserevole dell’amministrazione della giustizia oggi. Ai miei tempi i magistrati credevano nel sistema, si davano da fare, pur rischiando realmente la vita. Delude soprattutto la mancanza di una spinta morale che invece risulta semplicemente utilitaristica in chi si impegna in queste battaglie.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.